Ritratti di scrittori: Sylvia Plath, chi era? Scoprilo in 5 parole
Scrittrice e poetessa statunitense, classe 1932, Sylvia Plath è stata una delle voci più talentuose della letteratura del secolo scorso. La sua esistenza è costellata da eventi traumatici, che segnano la sua emotività causandole fragilità psichiche: la scrittrice si toglierà la vita a soli trent’anni, lasciando a noi lettori opere semi autobiografiche dalle quali emerge una personalità divisa fra carisma e sensibilità.
Sylvia Plath: chi era la scrittrice in 5 parole
Diario
«Nessun fatto della mia vita sembrava potesse reggere neanche per un racconto di venti pagine. Sedevo paralizzata, con la sensazione di non avere nessuno al mondo con cui parlare. Tagliata completamente fuori dall’umanità in un vuoto autoimposto. Stavo sempre peggio. Non potevo essere altro che una scrittrice e non riuscivo a esserlo. Non riuscivo neanche a formulare una frase: paralizzata dalla paura da un’isteria fatale». Questo frammento tratto da I diari di Sylvia Plath sintetizza bene il senso di un’opera che racconta l’esistenza della giovane autrice dagli anni ’50 fino al ’62. Il volume, pubblicato postumo nel 1982, si divide in tre parti: la prima ha come sfondo lo Smith College dove la scrittrice compie i suoi studi grazie a una borsa di studio; la seconda si svolge tra Cambridge e, di nuovo, lo Smith College in cui Plath insegna per un breve e intenso periodo; nella terza la narrazione si muove tra Boston e l’Inghilterra.
Donna
La questione della condizione e dell’emancipazione femminili sono temi molto cari a Sylvia Plath, che traduce in letteratura istanze maturate nell’intimità della sua biografia. Ne è chiara testimonianza il romanzo comunemente considerato il capolavoro dell’autrice, La campana di vetro, pubblicato, con lo pseudonimo di Victoria Lucas, un mese prima del suicidio avvenuto l’11 febbraio del 1963. Esther, la protagonista, è una studentessa di provincia diciannovenne che vince un premio per lavorare come stagista per la rivista newyorkese «Ladies’ Day». A New York cerca di farsi strada ma a sbarrarle il passo trova un ambiente maschilista, competitivo e frenetico. Esther, esattamente come Sylvia, è tormentata e inquieta, soffocata dalle pressioni sociali che la vogliono donna in carriera, ma anche moglie e madre perfetta: «Dovunque mi fossi trovata, sul ponte di una nave o in un caffè di Parigi o a Bangkok, sarei stata sotto la stessa campana di vetro, a respirare la mia aria mefitica».
Amore
Il grande amore di Sylvia Plath fu Ted Hughes, poeta e scrittore inglese. Dopo l’incontro a Cambridge, l’attrazione fisica e l’interesse letterario legano i due in un amore tanto travolgente da condurli al matrimonio a soli quattro mesi dall’inizio della relazione. Nei primi tempi, la storia trascorre idilliaca tra lune di miele ed estati passate al mare, a leggere e scrivere; ben presto, però, tradimenti e violenze – che Plath registra nei suoi diari – rendono infernale la vita della donna. L’arrivo dei figli, inoltre, esaspera quel dissidio interiore che la lacera da sempre: diventare una scrittrice affermata o essere una buona madre. Poco dopo la morte della scrittrice, Hughes confiderà alla suocera: «Entrambi [eravamo] ridotti a vivere in uno stato in cui le nostre azioni e il nostro normale stato mentale era la follia».
Psiche
È difficile, e forse inutile, provare a ricondurre le radici del disagio psicologico di Plath a un singolo episodio biografico. Da un lato la perdita prematura del padre, al quale scrive: «Avevo dieci anni che seppellirono te. / A venti cercai di morire / E tornare, tornare a te. / Anche le ossa mi potevano servire». Dall’altro una vita trascorsa alla ricerca del consenso degli altri, di un’approvazione che mai si risolve in accettazione di sé. È certo che le diagnosi di bipolarismo e narcisismo con cui si è provato a spiegare certe manifestazioni della personalità di Plath – i sentimenti di esaltazione e grandiosità a fronte di una disperata malinconia – non descrivono la sensibilità acutissima di questa autrice.
Morte
Sylvia Plath si toglie la vita mettendo la testa nel forno a gas, dopo aver imburrato due fette di pane per i figli e aver sigillato le finestre di casa. La scrittrice sembra aver voluto curare la regia della propria morte, e lei stessa, del resto, aveva scritto: «Morire è un’arte, come qualunque altra cosa. Io lo faccio in modo magistrale». Il paradosso è che il riconoscimento che Plath aveva cercato per tutta la vita arrivi solo con la morte, come testimoniano il plauso tributato al già citato romanzo La campana di vetro, e alla raccolta di poesie Ariel. Nel 1982 il premio Pulitzer postumo assegnato a Plath per la raccolta completa delle sue poesie segna la consacrazione definitiva e universale del suo talento.
Sylvia Plath: i primi libri da leggere per conoscere questa scrittrice
- Diari, Adelphi, 2004
- La campana di vetro, Mondadori, 2016
- Tutte le poesie, Mondadori, 2019
A cura di Giusi Chiofalo