Io, Jack e Dio di Andrea De Carlo: il racconto di un legame complesso e necessario. Recensione
Io, Jack e Dio (La nave di Teseo, 2022), ultimo romanzo di Andrea De Carlo, racconta la storia della lunga amicizia di Mila e Jack, destinati ad amarsi, ma ostacolati da un terzo incomodo sui generis: un Dio geloso e vendicativo. In Io, Jack e Dio, De Carlo torna a narrare la complessità dei rapporti umani, che ha caratterizzato la sua produzione letteraria – a partire dall’amore e dall’amicizia – a nuove riflessioni sulla spiritualità e sulla religione.
Io, Jack e Dio di Andrea De Carlo: la trama del libro
Mila, curiosa e malinconica dodicenne, e Jack, quindicenne di origine inglese, si conoscono durante le vacanze estive trascorse a Lungamira, cittadina sulla riviera adriatica. Tra i due nasce una solida amicizia che si fonda su un patto di sincerità assoluta, e che resiste alla lontananza dei mesi invernali grazie a frequenti scambi epistolari. Negli anni, tra cambiamenti di residenza e nuove relazioni, il legame tra i due diventa tanto complesso quanto necessario, fino a quando Jack non sparisce inspiegabilmente senza lasciare alcuna traccia.
Trascorrono sette anni prima che i due amici si incontrino di nuovo a Lungamira, al funerale di Brusko, il celebre rocker che Mila frequentava da alcuni mesi prima del tragico incidente in deltaplano in cui entrambi sono stati coinvolti. Mentre Mila si nasconde tra la folla dall’astio dei fan del cantante perché ritenuta responsabile della sua morte, Jack compare davanti all’altare per pronunciare la predica, nelle inaspettate vesti di un frate con il saio e «i capelli castani tagliati corti in quella specie di foggia medievale». Dopo aver attraversato un periodo di crisi che l’ha portato a troncare ogni rapporto con amici e parenti, Jack è infatti entrato a far parte di una congregazione religiosa di frati e fratesse, che ha trovato sede nel vicino e dismesso convento di San Firmiano.
Confusa dalla scelta radicale di Jack e ancora arrabbiata per la sua improvvisa scomparsa, Mila trova rifugio nei ricordi, e capisce che, negli anni, la loro intensa amicizia si è trasformata in un sentimento più profondo.
Il nuovo ruolo di frate Jack e le ostilità della comunità di Lungamira contro la nuova congregazione religiosa rischiano però di far ulteriormente allontanare Mila e Jack.
Un triangolo di amicizia, amore e spiritualità
«Nel giro di qualche anno non c’era stato più dubbio che Jack e io fossimo diventati totalmente necessari l’uno all’altra: eravamo così diversi e così simili, così complici e così complementari, due metà di uno stesso insieme».
Il titolo stesso del romanzo suggerisce l’esistenza di un triangolo narrativo che ha per vertici l’amicizia, l’amore e la spiritualità. Fin dal suo esordio letterario, Andrea De Carlo è stato uno scrittore di sentimenti, di amicizie intense che evolvono in tormentate storie d’amore, e Io, Jack e Dio non fa eccezione. Nel racconto del rapporto che lega Mila e Jack si fa però spazio anche un nuovo tema, quello della spiritualità. De Carlo introduce infatti riflessioni teologiche e filosofiche sull’interpretazione delle sacre scritture e sulla lettura dell’Antico Testamento, dal quale emerge la figura di un Dio crudele, un buon pastore che dopo aver portato il gregge al pascolo «lo tosa, lo munge, a Pasqua sgozza i suoi agnelli, e quando ha finito di spremerne ogni risorsa lo porta al macello».
La scrittura di Andrea De Carlo in Io, Jack e Dio
Andrea De Carlo adotta il punto di vista di Mila e una narrazione in prima persona. L’opera assume così la forma di un diario, in cui il presente lascia spazio a salti temporali nel passato attraverso i quali Mila ripercorre la storia della sua amicizia con Jack. La prosa di De Carlo si caratterizza per l’alternanza di toni con cui si distinguono le sezioni narrative, dedicate alla storia di Mila e Jack, da quelle che propongono un’indagine sul senso del sacro.
A cura di Francesca Cocchi