Essere lupo di Kerstin Ekman: la proverbiale irriducibilità del selvaggio. Recensione

 Essere lupo di Kerstin Ekman: la proverbiale irriducibilità del selvaggio. Recensione

«Tempo da lupi», «in bocca al lupo», «gridare al lupo». Un «lupo di mare» è un esperto, una figura che richiama subito tanta letteratura, persino rassicurante nella sua capacità di fronteggiare il mare; «essere un lupo» negli affari, invece, vuol dire avere fiuto, essere scaltro, ma anche famelico; mentre il lupo che perde il pelo del proverbio è l’irredimibile per eccellenza: è curioso quanto un animale così lontano dalle abitudini e dalla vita quotidiana della maggior parte degli esseri umani sia presente nelle espressioni cristallizzate della nostra lingua. Che sia a causa del suono grave del suo nome o di resistenti paure infantili che credevamo vinte, però, dall’incontro – anche solo letterario – con il lupo scaturisce anzitutto un’arcana inquietudine che ci avvicina al passato della nostra specie, quello che ci vedeva cacciatori e affatto dipendenti dalla nostra capacità di osservare e interpretare la natura.

C’è infine una vecchia storia, tramandata tra le fitte foreste svedesi, di uomini che «diventano» lupi – immagine, anche questa, molto fertile per la letteratura. È il tentativo della natura umana di rispecchiarsi in quella selvatica – e maestosa – del lupo, tanto forte da ricercare l’identificazione, ciò che Kerstin Ekman prova a raccontare nel suo Essere lupo (Iperborea, 2022) per bocca del protagonista Ulf, il cui nome, peraltro, rappresenta il primo indizio in tal senso:

«Un tempo il lupo lo chiamavano gråben, zampagrigia, poiché non osavano nemmeno pronunciare il suo nome, che era ulv».

Essere lupo di Kerstin Ekman: la trama del libro

È il giorno che precede il settantesimo compleanno di Ulf Norrstig, capocaccia del gruppo di cacciatori di Loåsen; è Capodanno. Mentre Inga, sua moglie, è indaffarata con i preparativi per la festa di lui, Ulf si rifugia per qualche ora nella buffa roulotte colorata di verde che si trova in mezzo al bosco, insieme a Zenta, la sua anziana cagnolina. Zenta sonnecchia, Ulf si scalda con un caffè e scruta la foresta. Dopo poche pagine, ci troviamo già di fronte al principale motore narrativo del romanzo: l’incontro, che si carica dei connotati di una visione, con un grosso lupo solitario che ha appena predato un capriolo.

Da qui in poi, l’autrice svelerà piano piano i motivi e le vie attraverso le quali l’apparizione del lupo influenzerà tanto i successivi eventi, imprimendo l’avvio di una netta evoluzione dell’anziano protagonista. Proprio come Zampalunga – è il nome che Ulf assegna al possente lupo, nel tentativo consapevole di normalizzare e forse anche antropizzare la sua inafferrabilità – al momento del loro incontro, anche il capocaccia è colto dalla narrazione nel momento della sua vita in cui si sta allontanando dal branco. A una prima lettura, è possibile osservare con chiarezza come sia l’aggravarsi delle condizioni di salute a determinare non solo le sue scelte, ma anche i sempre più frequenti tentativi di riconsiderare le azioni del passato, le convinzioni di una vita intera; il tema della vecchiaia è peraltro richiamato e sintetizzato in maniera piuttosto commovente nella presenza di Zenta: sui cani, in generale – forse perché così simili ai lupi? –, l’attenzione dell’autrice si sofferma spesso e con una delicatezza ben calibrata, in vari momenti della narrazione.

Nel tenere certamente presente la rilevanza di questo filo della trama, occorrerebbe non perdere di vista il valore epifanico dell’incontro con il lupo. È interessante la simmetria che Ekman traccia a questo punto: il bosco che cela, in qualche caso persino accoglie e nasconde, è il luogo di un disvelamento abbagliante; da questo momento però, in maniera speculare, Ulf si addentra nel suo personale «bosco della morte».

La scrittura di Kerstin Ekman in Essere Lupo

Non sembra un caso, quindi, che l’autrice inserisca nella libreria di Inga e Ulf le opere di Jack London, autore che ha regalato tra le più memorabili manifestazioni del lupo nelle pagine della letteratura. Lupus in fabula, si potrebbe aggiungere, indulgendo ancora alla proverbialità.

Curiosamente, anche la biografia di Ekman accoglie un momento che si potrebbe interpretare come un’uscita dal «branco»: fu l’unico membro a protestare, smettendo di partecipare alle riunioni dell’Accademia svedese quando questa, nel 1989, si rifiutò di prendere posizione contro il regime iraniano che aveva espresso una condanna a morte nei confronti di Salman Rushdie.

In Essere lupo, ai momenti di riflessione di Ulf si alternano descrizioni nitide e spettacolari della natura nordica; i dialoghi della mite quotidianità tra il protagonista e la moglie Inga diventano via via più profondi, facendosi spesso strumento di esplorazione della memoria e delle paure. A essi si intrecciano vicende che accennano al giallo, anche queste in crescendo: tale varietà di soluzioni rende la narrazione piacevolmente ondivaga, pur restando costante l’impressione complessiva di silenziosa pacatezza, che sembra scaturire tanto dal gusto nordico quanto da uno sguardo ricomposto – né irrigidito né stanco – nell’approssimarsi dell’ultima fase della vita.

 

A cura di Chiara Marino

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Chiara Marino

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