Avere tutto di Marco Missiroli: un romanzo sul desiderio di vincere. Recensione
Dopo il successo editoriale di Atti osceni in luogo privato (Feltrinelli, 2015) e la vittoria del premio Strega Giovani nel 2019 con Fedeltà (Einaudi, 2019), Marco Missiroli ritorna sulla scena letteraria italiana con Avere tutto (Einaudi, 2022), un romanzo breve sul legame intimo che unisce un figlio con il vizio del gioco d’azzardo a un padre con la passione per il ballo. Avere tutto è la storia di Nando Pagliarani e di suo figlio Sandro, di una Rimini in cui i gabbiani non urlano mai, di serate provinciali e di una domanda ricorrente: «Dove vorresti essere con un milione di euro in più e parecchi anni in meno?».
Avere tutto di Marco Missiroli: la trama del libro
Sandro decide di tornare a Rimini per festeggiare il settantaduesimo compleanno di suo padre Nando rimasto da pochi mesi vedovo. Lascia Milano, la città dove si è trasferito per lavorare nel settore dell’advertising, mosso dal desiderio di trascorrere del tempo in compagnia del padre e spinto dalla necessità di allontanarsi dai debiti dovuti alla ludopatia e dalla fine della storia d’amore con Giulia.
A Rimini Sandro ritrova la vita lenta di provincia, gli amici d’infanzia e un padre che, dopo la morte della moglie Caterina, dedica intere giornate alla cura dell’orto e ogni sera esce silenzioso di casa, sale a bordo della sua Renault 5 per rincasare solo a notte inoltrata. Incuriosito da queste uscite, Sandro segue il padre fino all’ingresso del cinema Atlantide che nei mesi estivi si trasforma in una sala da ballo dove Nando, scoperta una seconda giovinezza, vive la passione per la danza un tempo condivisa con la moglie.
Nel corso dell’inedita convivenza nella vecchia casa di famiglia, piena di ricordi e dell’evanescente presenza di Caterina, il rapporto padre-figlio si rinsalda grazie a una nuova complicità fatta di lunghe chiacchierate che svelano paure, rimpianti, rimorsi e segreti. Durante queste confessioni, Sandro racconta al padre come ha avuto inizio la sua ludopatia, Nando rivela al figlio di essere gravemente malato e di avere solo pochi mesi da vivere. Sandro dovrà fare i conti con le sue fragilità per prendersi cura di Nando e per stargli accanto, impotente, durante la lotta di suo padre contro la morte.
Un romanzo sul desiderio di vincere
Nando e Sandro sono accomunati dalla medesima smania di vincere, il primo nelle gare di ballo insieme a Caterina, il secondo nelle partite di poker dei più esclusivi tavoli milanesi. Per Nando «avere tutto» è ottenere il primo premio al Gran Galà della Baia Imperiale di Gabicce grazie al salto Scirea del Pasadèl da lui inventato; per Sandro è spennare i principianti e sentire il formicolio ai polpastrelli nel prendere in mano le carte.
Ma la vita non consente di vincere sempre e così Nando si ritrova solo, senza una compagna con cui ballare, mentre Sandro perde il futuro con Giulia e i risparmi dei genitori. I personaggi femminili di Avere tutto sono spesso evocati da Nando e Sandro, ma appartengono al tempo dei ricordi e la loro assenza permette a padre e figlio di comprendere che «avere tutto» significa in fondo desiderare «solo le due o tre cose per cui veniamo al mondo».
Avere tutto è la storia di Nando e di Sandro, ma è anche la storia di Rimini, città natale di Missiroli che in questo romanzo, come lui stesso ha ammesso, ha trovato il coraggio di tornare a casa. Quella che si presenta al lettore non è la città romagnola delle grandi villeggiature estive, ma è un luogo dove il tempo scorre lento e segue ancora il ritmo delle coltivazioni dell’orto di Nando e dove Sandro può trovare rifugio dalle «beghe» che lo attendono a Milano.
La scrittura di Marco Missiroli in Avere tutto
In Avere tutto Missiroli ritorna alla prima persona con la voce narrante di Sandro, suo alter ego letterario, che seguendo il flusso dei propri pensieri guida il lettore nei continui salti temporali tra il presente a Rimini in compagnia di Nando e un passato denso di ricordi. Lo stile asciutto e cronachistico si carica di emozioni nei dialoghi serrati, laddove il ricorso al dialetto romagnolo contribuisce a definire l’intima grammatica degli affetti di Nando e Sandro.
A cura di Francesca Cocchi
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