Strega comanda colore di Chiara Tagliaferri: il gioco psico-magico di una vita da strega. Recensione
Se è vero che a fare la personalità è un po’ la famiglia in cui si è capitati e un po’ l’ambiente in cui si è vissuti, è anche vero che tutto quello che siamo e facciamo ha una motivazione. Tutti hanno una ragione d’essere, tant’è che ad ascoltare i retroscena di ogni storia personale si finisce sempre per trovare una giustificazione a ogni atteggiamento, giusto o sbagliato che sia. Questo che state per intraprendere, se deciderete di farlo, è un viaggio psicologico a tappe dove ogni fermata sarà, per l’appunto, una giustificazione d’essere.
Uscito per Mondadori nel maggio scorso, Strega comanda colore è l’esordio letterario di Chiara Tagliaferri, già nota per essere l’altra voce, insieme a Michela Murgia, del libro (e podcast) Morgana. L’uomo ricco sono io.
Strega comanda colore di Chiara Tagliaferri: la trama del libro
Strega comanda colore non ha una trama. Scordatevi il classico viaggio dell’eroe con un conflitto, degli aiutanti, dei nemici, qui tutto si concentra nella figura della protagonista. Come una strega, in lei regnano tutti i poteri della narrazione: è lei l’eroina, la nemica e l’aiutante di sé stessa; il conflitto risiede in lei, e a creare il problema e trovare la soluzione è sempre soltanto lei.
Immaginate Chiara Tagliaferri su un trono, magari quello di Cassandra, la sacerdotessa che porta sulle spalle il peso di non essere stata ascoltata, ma continua a svelare profezie anche molto tristi.
Il libro, che non segue un ordine cronologico, riporta episodi segnanti la vita dell’autrice, dal periodo vissuto nella provincia piacentina, prima, e nella città di Roma, poi, fino alla sua crescita, anche morale, tra esperienze emotive, lavorative e non solo. Si passa da un tema all’altro in un flusso di coscienza che ha le sembianze di un racconto orale.
«Opulenza» è la parola che regna in questo gioco che comanda i colori della vita. La protagonista vive puntando alla ricchezza materiale e sentimentale. Lei vuole il denaro, i vestiti migliori, le emozioni più forti, la cattiveria più perfida; prova il dolore più grande e non vuole l’elemosina emotiva: lei vuole l’amore. Sarà malvagia fino a uccidere con dei dolci sua nonna diabetica per prendersi l’eredità e far diventare ricca la famiglia. Si rivelerà una menzognera nata: nasconderà il suo falso amore a Johnny fino quasi a sposarlo solo per vivere nel lusso di via Margutta a Roma. E tra colpi di fortuna e un po’ di gavetta riuscirà anche a costruirsi una posizione lavorativa: lavorerà alla Rai come autrice ed entrerà nel mondo della moda come personal shopper di una facoltosa imprenditrice giapponese.
La morte come elemento essenziale della vita
In Strega comanda colore si esorcizza la morte parlandone, rendendola parte integrante della vita:
«Ogni cosa finisce dimenticata nei cassetti, pronta per essere infilata nella valigia dell’ospedale, o magari per la bara.
Persino i mobili non cambiano mai di posizione, tanto non vale la pena, a che serve spostare un divano se stiamo per morire?
Così è tutto uguale, da sempre. Attorno a me si vive per progettare la morte, che non deve avere sbavature»; attraverso sedute spiritiche, tentativi di suicidio (e omicidio) e racconti di assenze familiari colmabili con la materialità.
Ed è così che si racconta della danza con le scarpette rosse sulla tomba della nonna; di Paolo, fidanzato di una sorella, che tenta il suicidio con il gas; di un padre morto dopo una malattia e della sua assenza colmata dai segnali esterni che dà la vita.
La protagonista si attacca a tutto pur di staccarsi dalla tristezza: si innamora di un carcerato (Pietro Maso, che nel 1991 uccise i genitori) a cui scrive lettere d’amore; si aggrappa alla figura del capitano Maurizio Cocciolone – divenuto famoso durante la Guerra del Golfo – per colmare l’assenza prossima di un padre in fin di vita. Eppure – come lei stessa scrive – è sempre felice e infelice allo stesso tempo. Non ci sarà mai redenzione per un’anima maledetta come la sua che ha vissuto in maniera opposta a quello che ci si aspetta dalla società.
Cerca segnali dall’esterno, una comprensione che in famiglia non c’è. E dove il vuoto non si colma con la dolcezza e la comprensione ci si riempie di sfarzi, cose, lustrini, materialità.
«La Cede è morta un anno prima della mia nascita, pare che io abbia ereditato da lei il quantitativo spropositato di cappelli, l’assoluta incapacità di gestione del denaro e la vocazione per gli amori infelici».
Le donne: le Morgane onnipresenti nella buona e nella cattiva sorte
Se dovessimo immaginare la costruzione narrativa di questo testo come la preparazione di una pozione magica, sicuramente le figure maschili non sarebbero l’ingrediente principale. Sarebbero soltanto gocce di veleno in più che aggiungerebbero carattere letale alla pozione. Le donne sono la base della ricetta e danno il sapore a tutto. Tant’è che gli uomini o muoiono o sono accessori. Il fidanzato lasciato, il padre morto, un papabile cognato che conta poco nella società. Tranne uno: suo marito Nicola.
La scrittura di Chiara Tagliaferri in Strega comanda colore
Quello che l’autrice costruisce in questo libro è un viaggio piscologico di racconti non coordinati. Si passa dall’infanzia all’età adulta nel giro di qualche riga senza che il lettore si accorga del salto temporale; per poi tornare alla stessa epoca del capitolo precedente, ma raccontato da un altro punto di vista. E niente sarà uguale a prima. Si conoscono persone e personaggi stravaganti che fanno da cornice a una vita bizzarra costruita sull’inquietudine. Strega comanda colore non è un’autobiografia. È una raccolta di storie che hanno come protagonista la stessa persona, in un racconto di formazione (e distruzione) che ha portato una strega alla gloria. Nonostante tutto.
A cura di Antonella Dilorenzo
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