Caro Pier Paolo di Dacia Maraini: le lettere che raccontano un’amicizia. Recensione
Nel centenario dalla nascita di Pier Paolo Pasolini, le pubblicazioni che lo riguardano si sono moltiplicate. Tra tutte spicca il memoir di Dacia Maraini, Caro Pier Paolo (Neri Pozza, 2022), che gli fu amica intima nella seconda parte della sua vita. Un dialogo delicato, una corrispondenza senza tempo in cui tutto è presente e vivo.
Caro Pier Paolo di Dacia Maraini: la trama del libro
Caro Pier Paolo raccoglie 37 lettere che Dacia Maraini immagina di scrivere all’amico Pasolini come se fosse ancora vivo. Nelle lettere Maraini ripercorre alcuni episodi particolari della loro amicizia, che si svolsero per esempio durante i viaggi in Africa che solevano organizzare durante le feste di Natale. Con loro erano presenti Alberto Moravia e Maria Callas, quest’ultima segretamente innamorata di Pasolini in modo devoto, tenero. I ricordi si susseguono senza un ordine cronologico, proprio come se si trattasse di una ricostruzione onirica, in cui Pier Paolo torna in vita e dialoga con l’amica. Compagno di viaggi, confidente con cui si discutevano idee, progetti di lavoro ma anche temi etici (l’aborto, la sessualità, la politica). Il dialogo con Pier Paolo consente alla Maraini di riprendere un filo interrotto improvvisamente dalla morte violenta ma anche restituirne un’immagine nuova, più intima e inedita al grande pubblico: «ma la gente aveva di te una idea diversa. I più ti vedevano come un uomo rancoroso, rigido, feroce nelle tue indignazioni e nelle tue ire ideologiche. E in parte era vero. […] Eppure nel rapporto con gli amici, nella tua vita privata, eri l’uomo più paziente, docile, mansueto che io abbia mai conosciuto».
Un esercizio di recupero dei ricordi
Inizialmente poco convinta di pubblicare le memorie di un’amicizia ed esporle al grande pubblico, durante la stesura del libro Dacia Maraini si accorge di svolgere un esercizio di recupero dei ricordi che sarebbero altrimenti andati perduti. Ricostruisce scene di vita quotidiana, di lavoro – per esempio il soggiorno a Sabaudia in cui entrambi si dedicarono alla sceneggiatura di Il fiore delle mille e una notte portandola a termine in sole due settimane – che le consentono di svelarci l’intimità di un uomo e la sua complessità caratteriale, soffermandosi molto più su questi aspetti che non sul talento artistico. Pasolini non nascondeva il lato oscuro della sua personalità, l’ambiguità e l’angoscia vissuta a volte in modo così drammatico da essere il primo a spaventarsene. La vergogna per la sua omosessualità, per la quale percepiva di dover meritare drastiche punizioni; il rapporto assoluto con la madre, da cui Maraini deduce la difficoltà nei rapporti con il sesso femminile; l’atteggiamento spesso volutamente irritante, controverso e per questo mal interpretato da critici e intellettuali. Sullo sfondo del legame, tenero e commovente, che univa Pasolini a Maraini, c’è la Roma degli artisti che si raccoglievano spontaneamente nelle trattorie e nei bar per il piacere di stare insieme. Un mondo culturale ritratto con nostalgia, che vedeva come protagonisti Alberto Moravia, Elsa Morante, Bertolucci, Fellini e tanti altri.
«In effetti, a volte era difficile tirarti fuori le parole. Eri per carattere timido, silenzioso e chiuso. Anche se poi, quando meno te lo aspettavi, veniva fuori il ragionatore fiducioso, il confidente allegro.»
La scrittura di Dacia Maraini in Caro Pier Paolo
Il tono delle lettere è quello confidenziale, franco, che immaginiamo la scrittrice abbia avuto con l’amico in vita. Tra i ricordi si inseriscono alcune delle più belle poesie che Pasolini scrisse, che insieme ai pensieri, le interpretazioni dell’autrice, ci suggeriscono il carattere dell’uomo. Tra i due non sono mancati scontri ideologici, ma il tempo trascorso ha concesso il perdono e la comprensione. La conoscenza che Dacia Maraini ebbe di Pier Paolo Pasolini è, per sua stessa ammissione, solo parziale, perché non contempla gli anni che precedono la maturità. Per questo spesso l’autrice si interroga sulle scelte dell’amico, sul vissuto e sulle ferite dell’animo a cui Pasolini faceva riferimento. Così come prosegue a interrogarsi sulle ragioni e le modalità della sua morte, ancora misteriosa.
«La tua sincerità, Pier Paolo, è toccante e rivela la tua lealtà a una croce a cui ti sei inchiodato da solo, e quei chiodi terribili sono ancora lì a torturarti la carne mentre chiedi a un padre onnipotente un perdono che non verrà.»
a cura di
Silvia Ognibene (@silviabookolica)