Il racconto della domenica: Camera d’aria di Winstonhelbert

 Il racconto della domenica: Camera d’aria di Winstonhelbert

Illustrazione di Domitilla Marzuoli

Una solitudine senza confine. E allora andiamo a sfogare un po’ di potere d’acquisto, a farci riscaldare la coroide dalle insegne. A far finta di non conoscere un conoscente che andava per i 40 e ora per i 50. E che come accade a tanti uomini se verso i 40 sembrava invecchiato malissimo, per i 50 è ringiovanito benissimo. Saranno le sigarette.
Il potere d’acquisto. È un piccolo cane, che tu pensi di lasciarlo lì, nella faringe cauto e cautelato, e invece poi cala, scende nei bronchioli, nell’intestino, nelle lunghe cellule muscolari, nelle testarde cellule delle ossa e alla fine ti domina e ti fa diventare ferino. Compri la casetta, poi lo spioncino, poi la siepe, poi l’avvocato, poi la pistola, poi un esercito.
E allora io, Germano, over 65 ed ex gran cuoco delle ultime decadi di fulgore dell’Italia casalinga, stamattina sono andato a addomesticare la mia di bestiola che ho sempre cercato di tenere sopra l’esofago, e a prendergli qualcosa di innocuo, irenico, aperto. Un oliveto.
Aria aperta, vicini in campagna, uno sfogo giusto ho pensato. Un bel basolotto per l’eterna via di mezzo nell’inveterato aut aut umano: cambiare il mondo o farti i cazzi tuoi. Come dice il mio cugino ex punk del mare che mo’ vive in Scozia, quello che a vent’anni me spiegava: «La prima regola per un colloquio di lavoro è non andarci, tanto non te piglieranno mai».
Alle dieci e mezza sono andato da un notaio e l’ho fatto. 24mila euro per 85 piante con accesso diretto da strada vicinale e piccola rimessa in muratura più larga che alta. Una produzione media certificata di 80 litri di olio all’anno, tutto in piano. Senza i quattro cinque sei sette terrazzamenti sparsi a 50 gradi pendenza dove mi sono spaccato e spassato fino ai trent’anni. Che a non mentirsi, più invecchio più mi mancano.
«Sì ma in piano è meglio, si fatica di meno, si fa prima» ti direbbe chiunque e ti avrebbe detto chiunque pure un secolo fa. Public opinion, senso comune. Sì vabbè, però ci penserò tanto e comunque, come diceva lo stesso cugino: «L’opinione pubblica è una grandissima stronzata».
L’oliveto perché l’olivo è una pianta felice, come tutte le altre piante eh, sia mai, la Madonna non voglia. Una pianta che sembra facile, non altissima, parlo di quelle degli appennini centrali che conosco solo quelle, dici è facile ma poi invece vedi che è aspra, pizzica, punzecchia, scorteccia, frusta, acceca, ti fa scivolare, inciampare, cadere.
A qualche amico caro è andata malissimo. Sempre li benedica la Madonna fiant aures tuæ intendéntes in vocem deprecatiónis meæ.
Devi potarla, osservarla, stargli dietro ma non troppo, non ogni minuto, togliere i polloni, si dava il ramato, arare il terreno, tagliarne l’erba, insomma attrezzarti per evitare l’arrivo di tignola, oziorrinco e mosca fatali come il grande gelo o il fuoco. E devi pure gestirti per schiva e jab tra le asserzioni e le battute dei coltivatori più convinti di te. Ma questa è la vita, e prima lo capisci prima fai.
Il legname da olivo poi fa anche un grande focolare, che profuma, è vispo e morbido fa brace, è grandioso per cuocere qualcosa, magari in compagnia all’aperto, per farci due chiacchiere intorno, anche se oggi quando parli con qualcuno ti rimbalzi sugli occhi. È come se parli su una parete di granito abbagliante.
Manzoni raccontava che mentre Renzo scalpitava dall’azzeccagarbugli i tre capponi legati per le zampe e che teneva a testa in giù nonostante tutto continuavano a battibeccare. Oggi al posto della testa quei capponi avrebbero chi una palla di ferro, chi un cubo di plastica e chi una campana.
«Buongiorno signore, ha visto quel cane giallo?» «Sì, gli aerei storti sono assurdi e io comunque, io, io, io ho le palle. Anche lei si accorgerà di chi è Marcello in realtà.»
Tipo il piccolo cuore di un passero di quartiere che indurimento nei fine settimana, lì sul suo ramo e sotto balconi, coorti e giardini con il fumetto cinereo privatissimo, col cibo alimentato con l’invidia, l’ira, l’acrimonia, l’angoscia, la disperazione ricacciata sulle pareti delle vene. Fiamme per fiamme, cipressi divampati.
E allora Germano s’è comprato l’uliveto. Sempre rinfrancato e sorretto dalla Madonna ovviamente. Da mia moglie e pure dai miei figli, che vivono a 1300 e 1400 chilometri da me, 700 tra loro.
Quando gliel’ho detto gli ho chiesto: «Vi va bene?». «Certo» mi hanno risposto in videochiamata. «È una stronzat’?» «Ma no, e poi com’era?, la vita è troppo breve per passarla pensando alle stronzate.» «Non era proprio proprio così, comunque ve lo sto chiedendo perché sta in Danimarca.» «E allora pa’, ti trasferisci, anzi ti avvicini pure a noi. Non l’hai fatto per questo no?»
Ma no, ma figuratevi.
Appena arriverò prenderò una bella boccata d’aria e declamerò: «C’è del marcio su ’sta pianta». Bello il Mediterraneo, lo rimpiangeremo per sempre, come con Cheyenne.
Olivo o ulivo.

Winstonhelbert

Blam

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