Diego Galdino: come un barista può diventare uno scrittore di fama internazionale

 Diego Galdino: come un barista può diventare uno scrittore di fama internazionale

Spesso in Italia i lavori cosiddetti artistici devono scontrarsi con due realtà scomode. In primis il giudizio degli altri: “scrivi? suoni? ma realmente che lavoro fai?”. Come se suonare o scrivere non può essere mai un lavoro. E poi la questione finanziaria: purtroppo molti autori sono costretti a fare un altro lavoro perché non riescono a guadagnare abbastanza per dedicarsi esclusivamente alla scrittura. Questo è uno dei mali dell’editoria, soprattutto in Italia. Si legge poco e si scrive di più di quanto si legge e molte storie rimangono spesso intrappolate nella rete della polvere sugli scaffali. C’è chi, poi, pur essendo un autore di fama internazionale, sceglie di non abbandonare il suo lavoro. Murakami per anni ha gestito un jazz club e scriveva nei ritagli di tempo, per esempio. La storia che vi vogliamo raccontare oggi è quella di Diego Galdino, autore di notte e barista di giorno. All’attivo ha 7 romanzi tradotti anche all’estero, ma ancora non lascia il suo bar. Per quale motivo? Lo chiediamo direttamente a lui scoprendo la sua storia.

Chi è Diego Galdino visto da Diego Galdino?

Diego Galdino per dirla alla maniera del protagonista del mio prossimo romanzo “Sembra il cavaliere del film Un cavaliere per Natale.” Un uomo finito nel secolo sbagliato che fa della gentilezza e della cortesia la sua filosofia di vita. Dolce, romantico, passionale, innamorato follemente dell’amore e della sua città, un sognatore a cui basta un Nutella Biscuits per essere felice.

Qual è il momento in cui ha pensato: ok, voglio fare anche lo scrittore. Ci racconti com’è andata.

Ho iniziato a scrivere per amore di una donna per far sì che, a differenza della nostra storia reale, almeno nella mia fantasia ci potesse essere un lieto fine. Lei adorava Rosamunde Pilcher, una scrittrice inglese e un giorno mi mise tra le mani un suo libro sottolineando che fosse il suo preferito. Dapprima scettico, quella storia mi conquistò a tal punto che nelle settimane successive lessi tutte le opere della scrittrice e feci una scelta folle: decisi di partire per ripercorrere i luoghi raccontati nei suoi libri. Lo feci per me, ma soprattutto per quella ragazza di cui ero innamorato, per riportargli quei posti e raccontarglieli, al mio ritorno, con foto e parole dato che lei (per salute) era impossibilitata a muoversi. La nostra storia d’amore non ebbe un lieto fine, ma questa vicenda fu quella che fece scattare in me la voglia di scrivere. Di raccontare.

Cosa rappresenta per lei il suo bar?

Il bar è la mia vita, non riesco ad immaginarmi in nessun altro posto che non sia dietro a quel bancone dove a mia madre le si sono rotte le acque. Preparo caffè ogni giorno ai personaggi delle mie storie e la cosa più bella e poter avere un contatto diretto con i miei lettori, anche stranieri, che entrano nel bar per scambiare due parole e scattarsi una foto con me e restare increduli davanti alla realtà di quella situazione. Si rendono conto che è tutto vero e questo rende le mie storie molto più suggestive.

libri di Diego Galdino

Perché non ha mai deciso di abbandonarlo?

Perché mi piace troppo l’idea di dare ai miei lettori un posto dove potermi trovare sempre.

Si può vivere (intendiamo finanze) di sola scrittura?

Credo che in un paese dove si legge pochissimo sia difficile, di sicuro ci sono scrittori che fanno numeri importanti e che ci riescono, ma la maggior parte credo che come me debbano fare anche altro. In Italia è molto difficile io, per esempio, non scrivo per lavorare io lavoro per scrivere.

Dove le capita di scrivere e, soprattutto, in quale momento della giornata?

Principalmente scrivo a casa, il momento migliore è alle prime luci dell’alba. Poi durante la giornata se mi viene qualche idea tra un caffè e l’altro me l’appunto su un tovagliolino di carta.

Un libro e un caffè, poi non sono poi così distanti. Fanno pensare entrambi a una pausa. Cosa rappresentano per lei un libro e un caffè?

Il libro è un modo per evadere dal mio contesto quotidiano, una specie di tappeto volante sui cui sedersi per volare via con l’immaginazione e la fantasia verso vite che non ti appartengono, ma che fai tue per il tempo in cui le vivi leggendo. Il caffè è il liquido che mi scorre nelle vene al posto del sangue, per me è vitale… In tutti i sensi…

Cosa legge solitamente?

Leggo ogni genere di libri, a parte quelli horror. Sono un grande ammiratore di Ken Follet, Grisham, Stieg Larsson, Jo Nesbø, Valerio Massimo Manfredi. Ovviamente il genere che prediligo è quello romantico, infatti il mio libro per la vita è Persuasione di Jane Austen.

Dopo 6 libri pubblicati con Sperling & Kupfer arriva il settimo libro Bosco Bianco che è un’autopubblicazione. Come mai questo passo?

L’autopubblicazione è stato un passo necessario dopo aver chiuso improvvisamente il mio rapporto con la Sperling & Kupfer. Non volevo lasciare i miei lettori senza il mio libro annuale. L’ho fatto per loro.

 

 

 

 

Blam

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