Il racconto del mercoledì: La voce di Francesco Vico
Accendi la televisione, metti su il caffè. A volume basso per non svegliare gli altri.
Sarebbe crudele, sarebbero discussioni, fuori è buio e possono dormire ancora più di un’ora.
Sullo schermo immagini di carri armati, di sfollati accampati su materassi in una metropolitana che, a parte sfollati e materassi, è identica a quella che prendi tutte le mattine.
La voce del giornalista racconta gli ultimi sviluppi, le avanzate, le resistenze, i tentativi di mediazione. La voce non si rivolge a nessuno ma è come se parlasse di te, senza neanche preoccuparsi del fatto che sei lì, in piedi in mezzo alla cucina.
Dovrebbe sentirsi più in colpa, guarda questi bambini.
Dovrebbe essere preoccupato.
Pubblicità. La voce smette di parlare di te, ti si rivolge direttamente.
Dovresti cambiare macchina. Prenderne una meno inquinante. Con quello che costa la benzina.
Dovresti giocare a questo gioco da tavolo con tuo figlio.
Dovresti fare qualcosa per quell’inizio di calvizie.
Spegni la televisione che il caffè non è ancora salito. Sei in piedi da dieci minuti e già ne hai abbastanza.
In silenzio, davanti al fornello, ascolti la voce nella tua testa.
Dovresti fare una colazione più sostanziosa.
Dovresti trovare il tempo di fare ginnastica.
Dovresti dire di no quando il capo ti chiede di fermarti ancora due ore così finiamo l’ordine e ci portiamo avanti per domani.
Dovresti chiedere un aumento, anche se la crisi e i costi e già è una fortuna averlo, un lavoro.
Dovresti apprezzare di più le cose che hai.
Dovresti togliere la caffettiera dal fuoco, che poi si rovescia e ti tocca pulire e rischi di fare tardi.
Dovresti bere meno caffè, limitarti a quello alla macchinetta, anche se uscire di casa a stomaco vuoto sarebbe forse peggio.
Dovresti legare di più con i colleghi, non usare la scusa del caffè per fissare il bicchierino ed evitare la conversazione.
Dovresti, ma non vuoi.
Cosa vuoi?
Voglio solo un po’ di silenzio.
Dovresti sapere che solo la morte è silenziosa. Che vita fa rumore.
Vuoi morire?
Non voglio morire. Vorrei solo un po’ di silenzio.
Metti la giacca e apri la porta, cercando di fare meno rumore possibile. Dovresti dare le mandate ma rischieresti di svegliare gli altri, ti limiti a chiudere piano.
Scendendo le scale incroci sul pianerottolo la vecchia del piano di sotto, camicia da notte dello stesso bianco sporco dei capelli, in mano la spazzatura.
Buongiorno.
Buongiorno a lei. Freddo oggi, vero?
Sì, è un lungo inverno.
Le parole coprono per pochi istanti la voce nella tua testa.
Poi i passi, il portone che cigola, i rumori di strada, le voci di altre persone. La voce sarà in sottofondo al suono del mondo, tornerà a farsi sentire solo nelle pause tra le cose da fare. Sarà quasi come se non ci fosse.
Ti metterai a letto questa sera e sarà solo un borbottare stanco, che si sente appena.
Fino a domattina.
Finché ci si riesce.
Francesco Vico