Dimora di Ruggine di Khadija Abdalla Bajaber: un viaggio epico fra mare e paesaggi dell’Africa. Recensione
Già dal titolo e dalla grafica di copertina, Dimora di Ruggine, una delle ultime uscite della piccola ma florida casa editrice indipendente 66thand2nd, promette una storia epica, fatta di personaggi fuori dal comune: l’oceano, le spire aggrovigliate di un serpente, le fauci spalancate di uno squalo. L’esordio della keniota Khadija Abdalla Bajaber è un racconto terrificante e al contempo poetico, intriso di magia.
Dimora di Ruggine di Khadija Abdalla Bajaber: la trama del libro
Aisha è la figlia di un famoso pescatore di nome Ali, non un marinaio qualunque, ma un avventuriero capace di spingersi negli angoli più pericolosi del suo mare. Un giorno Ali non fa ritorno a casa e così la piccola, cresciuta selvaggiamente sulle spiagge della sua città, Mombasa, decide di sfidare tutti coloro che si preparano a celebrare il funerale del padre e salpa per mare su una barca fatta di ossa. A scortarla, all’interno dell’enorme scheletro di torace di un leviatano, che funge da imbarcazione, c’è Hamza, un gattino parlante che la conduce al cospetto di tre mostri marini. Per recuperare il corpo del padre, Aisha deve affrontare i tre mostri. Ma una volta rientrata a Mombasa, si trova di fronte a nuove inaspettate sfide, una fra tutte: raggiungere la leggendaria «Dimora di Ruggine».
«Nessun veicolo, nessun uomo, donna o creatura la disturbò sulla via per Makadara: se una mano ultraterrena le stava spianando la strada, era per condurla alla verità o alla sventura?»
La cultura Hadrami, gli elementi magici e surreali
Khadija Abdalla Bajaber è scrittrice e giornalista keniota, nata a Mombasa, ma di origine Hadrami, un popolo originario dello Yemen. Il suo esordio letterario, insignito del Graywolf Press Africa Prize, ha dell’incredibile. Il romanzo nasce dalla perfetta commistione tra elementi moderni – uno su tutti la spregiudicatezza della protagonista che con sagacia e astuzia affronta terribili prove – ed elementi della ricca tradizione orale degli hadrami. Gli accostamenti così originali fanno sì che il lettore non sia in grado di determinare il tempo del racconto, ambientato in un mondo magico in cui gli animali dialogano con l’uomo e gli spiriti maligni assumono fattezze umane.
«Mantenne il sangue freddo mentre la notte e il sudore si raccoglievano sotto le sue braccia. Quando avvistò uno scampolo di cielo, non capiva dove finisse e dove cominciasse il mare, nero come la pece, liscio e scuro, senza orizzonte. Mombasa era in bilico su una bocca spalancata, vacillava su denti sabbiosi.»
La scrittura di Khadija Abdalla Bajaber
Dimora di Ruggine è un romanzo epico, in cui la protagonista, dal piglio femminista, si distingue per la capacità di determinare il proprio futuro. A immagini profondamente poetiche si affiancano scene dalle tinte horror, in un contrasto che affascina per la potenza narrativa. È anche un racconto di formazione, dagli stilemi classici come quello della ricerca del proprio posto nel mondo. Accade così che, tra svolte improvvise ed episodi surreali, il lettore non possa far altro che abbandonarsi alla trama, come alle onde del mare, e lasciarsi trasportare sino al finale.
«Davanti ai suoi occhi, la giuntura tra onde e cielo diventò più rossa, un taglio sanguinante. La chiamata alla preghiera era un lamento, la notte mangiava lentamente quel che restava del giorno. Boccone dopo boccone, frugali sopraggiunsero le tenebre.»
a cura di Silvia Ognibene
@silviabookolica