Il racconto della domenica: Wendy di Elia Bazzani

 Il racconto della domenica: Wendy di Elia Bazzani

Illustrazione di Emanuela Carnevale

Nessuno è fatto per nessuno. Siamo condannati a non comprenderci e, alla fine, restare soli. Pietro se l’era sentito ripetere per una vita, così a lungo che aveva finito per crederci.

Almeno fino a Wendy. Era stato tanto naturale per lui amarla che non ci volle molto tempo perché si sposassero e la loro vita si assestasse su una condizione di placida indolenza. Nessuna sorpresa, nessun imprevisto.

Ogni sera Pietro tornava a casa dal lavoro attraversando la città. Freddo vetro, metallo e asfalto. Dove era solo un viso naufrago tra gli altri.

Batteva i piedi sullo zerbino d’ingresso, apriva la porta e annunciava la sua presenza.

E Wendy gli rispondeva con un bentornato. Il suo modo di parlare era uno degli aspetti che Pietro più amava di lei: limpido, senza sottointesi, solo corpo della comunicazione tra loro. Domande e affermazioni dette alla stessa, rassicurante, maniera. Ogni sillaba sempre con lo stesso suono, come il giorno prima, e quello prima ancora. Allora Pietro la raggiungeva ai fornelli e la baciava.

Alla domanda su come fosse andata la giornata, Wendy rispondeva sempre con un laconico bene. Pietro aveva imparato ad amare anche il fatto che fosse di poche parole e il silenzio aveva il significato di una mutua comprensione, intima e animale. Nessuna possibilità di fraintendimenti.

Pietro si divertiva a distrarla mentre gli preparava la cena, a stuzzicare i punti sensibili del suo corpo. Lei lo mascherava, ma era certo che la eccitasse il suo modo di fare. Wendy era incredibilmente bella: gli occhi glaciali, i capelli biondi raccolti con un fermaglio sulla sommità della testa. Il collo lungo e dritto, ricoperto di pelle bianca. Una delle fantasie erotiche più spinte di Pietro era sempre stata quella di sporcarla, marchiarla. Arrivava sempre al punto in cui voleva avere di più, ma Wendy lo scostava delicatamente ricordandogli che doveva mangiare.

Allora lui si sedeva al tavolo della cucina che era stato apparecchiato per una persona e attendeva a braccia conserte, beandosi di quella vista.

Era una cuoca eccezionale. Pietro era consapevole del fatto che la cucina era uno dei veicoli con cui lei esprimeva i suoi sentimenti. Un mezzo mille volte più efficace delle parole.

Finita la cena, lei lavava le stoviglie e lui andava a stendersi sul divano, allungando le gambe sulla chaise longue. Una lieve sonnolenza lo colpiva.

Certe volte dal suo cellulare arrivava il suono di una notifica, che puntualmente trascurava. Si trattava sempre e solo di mail lavorative, che potevano aspettare il giorno seguente. Non aveva amici che potessero scrivergli. Faticava a scambiare anche un semplice saluto con qualcuno che non fosse la moglie. In ufficio non parlava con nessuno se non per questioni strettamente connesse al lavoro, e anche in quel caso preferiva le mail. Se proprio non poteva evitare di parlare, lo faceva tenendo gli occhi fissi sulla punta delle proprie scarpe.

Odiava il suo lavoro, ma quando gli era stato offerto non se l’era sentita di rifiutarlo: un posto ben retribuito, stabile e con possibilità di carriera. Il sogno di qualsiasi adulto. I colleghi lo mettevano in soggezione. Anche se, probabilmente, non erano nemmeno consapevoli della sua esistenza. Era solo l’ennesimo giovane uomo dall’aspetto ordinario e dalle capacità mediocri. Di certo ne avevano visti molti, e ancor prima di vederne lo erano stati loro stessi. Il simile che riconosce il simile e lo ripugna. 

Non parlava con i suoi genitori da anni, da quando avevano cercato di privarlo dell’unico rapporto sano che era riuscito a costruire. Ne soffriva, ma lei era più importante.

Dopo aver finito di lavare i piatti, Wendy lo raggiungeva sul divano, si stendeva accanto a lui e lo baciava. Sapeva già tutto ancor prima che lui avesse bisogno di parlare: i punti in cui era più sensibile, la velocità a cui gli piaceva farlo, i suoi desideri più sporchi e perversi.

A quel punto della serata, in genere, Wendy soffiava nel suo orecchio una provocazione: «Andiamo a letto». E Pietro riusciva solo ad annuire.

Dopo che si erano amati, Pietro giaceva supino, sudato e sporco dell’eccitazione. Wendy, accanto a lui, gli sfiorava la spalla con le labbra.

In quel momento un bip riempiva la camera immersa nella penombra.

«Devo andare. Ci vorrà un’ora.» diceva lei meccanicamente. Pietro annuiva senza aggiungere altro. Lei si alzava dal letto, nuda. Le luci delle insegne pubblicitarie che entravano dalla finestra dipingevano su di lei un vortice colorato che facevano di lei una figura onirica.

Allora, per un istante, Pietro aveva la percezione di sé stesso: ansante, puzzolente, umano. E dell’incolmabile distanza che li separava.

Wendy apriva l’armadio dove lui aveva incassato il vano di ricarica. Afferrava lo spinotto che penzolava da lì e lo faceva scivolare nella presa sul fianco.

Si accomodava nel solco come se fosse un letto e chiudeva gli occhi.

***

Elia Bazzani

Blam

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