Il racconto del mercoledì: La caduta di Pietro Bocca
La caduta durò settimane. La seguivano tutti. I telegiornali parlavano di nuovi profeti, di prospettive e risposte. I partiti cristiani di tutto il globo cavalcavano gli aggiornamenti mediatici, approfittando dell’attenzione a lungo inseguita e ottenuta nel modo più improbabile – ovvero tramite l’avveramento di ciò che avevano predetto nel corso dei secoli, di mistificazione in mistificazione. Il neo-medievalismo risvegliava inclinazioni sopite e fanatismi per la prima volta giustificati: venne aperta la caccia all’ateo, proiezione terragna dell’antica strega, e l’angelo procedeva nella sua discesa infernale.
«Purificazione,» dicevano i vescovi della televisione «purificazione. Il comitato d’accoglienza dovrà essere candido e cristiano.»
La Nasa calcolava la traiettoria d’atterraggio dell’angelo: sembrava che si sarebbe schiantato in Italia. Chilometriche lenti venivano adibite al meticoloso studio della creatura, caduta dall’ultima scala divina fino a vagare tra le atmosfere del cielo come una piuma. Il papa, con la coscienza imbrattata dal ladrocinio, aveva commissionato ai massimi esperti di nanotecnologia il telescopio che teneva nascosto nel taschino della tunica – il suo personale osservatorio. Fumava sigarette e s’incarogniva, appoggiato alla finestra dorata.
In pochi giorni erano tutti convertiti-cristiani-ripuliti. In due settimane si estinse anche l’ansia. Alla quarta settimana d’attesa ognuno si era fatto un’idea di quali sarebbero state le prime parole dell’angelo, e i centri scommesse avevano registrato un significativo aumento delle giocate giornaliere. Nessuno pensava alle cause del volo, era più eccitante l’idea del pellegrinaggio; la proiezione nei salotti degli scatti dell’angelo, incorniciati da un mosaico di didascalie televisive. L’industria produsse poster e canzoni. Il premier gongolava per la capillarità del «cristurismo»: come oggi sappiamo, venne presto dimenticato.
Al termine della quinta settimana, l’angelo atterrò.
Domenica, giorno del Signore, Piazza San Pietro. Come il tè nell’acqua bollente l’angelo, al momento dell’impatto, sprofondò nel terreno; sbriciolò i sanpietrini, la schiena nuda – ali da predatore, rovinate dal viaggio; c’era una folla volgare ad aspettarlo. L’angelo restò avvolto nelle sue ali, silenzioso tacque; gli occhi chiusi, il papa immobile sulla balconata. Le urla della folla diventarono brusìo, poi preghiera. In che lingua avrebbe parlato?
L’angelo aprì lentamente gli occhi, sprigionando una flebile luce bianca – vago ricordo della purezza divina – e si girò come un cetaceo verso il pontefice. Infine, completando la sequenza ripresa da tutte le telecamere del mondo, comunicò: lo fece senza muovere le labbra marmoree, immoto, affinché tutti potessero sentire, essere testimoni. In quel momento di contatto visivo tra uomo elevato a Dio e Dio sceso tra gli uomini, l’angelo esordì feroce.
Pietro Bocca