Il racconto del mercoledì: Cinquemilaseicentottantuno di Elena Cangiamila

 Il racconto del mercoledì: Cinquemilaseicentottantuno di Elena Cangiamila

Illustrazione di Marián Gómez

La lettera di accettazione del Trinity College arrivò insieme agli esiti della biopsia di sua madre.

Pietro sedeva al tavolo della cucina. Era una stanza angusta, con una finestrella in alto dalla quale non tirava mai aria. Sua madre la chiamava la stanza delle decisioni importanti. «Devi scegliere» gli diceva sempre ridendo. «O ti siedi o apri il frigo. Non si può avere tutto.»

Pietro non rideva. Soffocava.

Soffocava spesso, per le ragioni più svariate. Tipo il cancro di sua madre, l’affitto da pagare, le imprevedibili trovate di Paolo, suo fratello. Quel giorno, a soffocarlo non era soltanto la puzza di pesce fritto che avevano mangiato la sera prima, ma i fogli che gli stavano sparpagliati davanti, scritti in una lingua che conosceva appena ma di cui sospettava di aver capito il senso. Era lì anche la busta sigillata dell’ospedale. Nella mente gli si ricucì il ricordo di una mattina d’estate. Riccioli sintetici ricadevano disordinati sul volto di sua madre. Avrebbe voluto aggiustarli, ma in quel periodo non osava toccarla. Sua madre gli aveva annunciato che il cancro era in remissione, e lui, frastornato, si era chiesto perché si dicesse poi remissione. «Forse perché la malattia vuole farsi perdonare» aveva risposto lei, quando gliel’aveva domandato.

Pietro si alzò. Andò in quello che ancora chiamavano lo studio di papà, benché di papà restasse ormai soltanto una foto circondata da tre vasetti di gerani. Si sedette al computer e digitò alcune delle parole straniere che aveva letto dai fogli. Non capiva bene, quindi rimase a studiare le immagini.

Poi lesse «Business, Economic and Social Studies». Supponeva fosse il nome del corso. Sì, era il corso. Arrivò in fondo alla pagina. Trovò un numero, affiancato dal simbolo dell’euro: 5681,00. Rimase immobile a fissarlo per qualche secondo. Come per capirlo meglio, lo scrisse a matita su un foglio: «cinquemilaseicentottantuno».

Si lasciò sfuggire un sibilo: «Vuoi abbandonarci. Brutto stronzo».

Un’ora dopo, sua madre trovò Pietro in cucina di fronte al tavolo vuoto.

«Tutto bene?»

«Sì.»

«Tuo fratello?»

Non rispose. «È arrivata questa» le porse la busta sigillata. «Credo sia…»

Sua madre annuì. Prese la busta senza aprirla. Gli rivolse un sorriso minuscolo.

«Non voglio che tu mi veda piangere, sai, se è tornato».

 

Pietro non vide sua madre piangere. Tuttavia la sentì, neanche un minuto dopo averla vista sparire dalla porta. Non di nuovo, si disse. Non da solo.

Prese i fogli che aveva nascosto in tasca e li strappò con cura in tanti piccoli pezzetti tutti uguali. Forse avrebbe fatto prima con un accendino, ma ormai era tardi. Per tutto, era tardi. Li gettò nel water e li guardò gorgogliare su e giù dopo aver tirato lo sciacquone. Non volevano andare a fondo. Perché non andavano a fondo? Continuò ad accanirsi contro lo scarico, finché la carta non scomparì per sempre, finché del Trinity College rimase solamente un numero appuntato a matita su un foglio: «cinquemilaseicentottantuno».

Elena Cangiamila

Blam

Articoli Correlati

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *