Il racconto del mercoledì: Dalla perpetua di Giovanni Battista Cugliari
La campanella suonò. Le lezioni erano finite. Non ne potevo più di ascoltare la signorina Villosio.
I miei compagni scattarono in piedi, riposero libri e quaderni nelle cartelle e schizzarono fuori dalla classe. Feci lo stesso, solo con più calma. Ciondolai fino all’uscita della scuola e, prima di imboccare la strada di casa, passai dal bar per farmi un paio di bicchieri di Jameson. Mi accesi una canna durante il tragitto, pensai e ripensai a quello che mi aveva detto Raissa, la mia amica: «Un giorno ci dovranno chiedere scusa i grandi del cazzo per averci trattato come zerbini e non averci dato la possibilità di costruirci un futuro. Quando faremo carriera gli daremo una lezione. E vedremo se ci chiameranno ancora nullafacenti!».
Quando tornai a casa trovai mia madre che mi aspettava davanti alla porta con le mani sui fianchi e un’espressione feroce sul volto.
«Sono stufa del tuo comportamento!» mi aggredì.
«Ha chiamato la preside della scuola e mi ha detto che stamattina hai portato una bottiglia di vino in classe. Ti sembra normale?!».
Non risposi.
«Ora basta. Ho parlato con Clementina e ho preso un appuntamento. Preparati. Andiamo subito così ti fai una bella chiacchierata». Feci come mi aveva detto.
Quando fummo davanti alla parrocchia di San Francesco, mia madre mi piantò lì e se ne andò per i fatti suoi. Come se una stronza che manco mi conosceva potesse veramente darmi lezioni di vita.
La perpetua si affacciò alla porta e mi invitò ad entrare. Andammo in sagrestia. Mi stravaccai sul divano di pelle come se fossi a casa mia.
«Allora», mi disse la perpetua «tua madre mi dice che bevi. Non è un po’ presto per la tua età?».
Non risposi. Mi limitai a sogghignare.
«Va bene. Conosco i ragazzi come te. E credo che anche tu come gli altri meriti una possibilità in questo mondo».
Annuii, mi infilai l’indice nell’orecchio sinistro e feci finta di togliere del cerume.
«La tua media scolastica è molto bassa. Che ne dici di cominciare a studiare come si deve? Qui, il pomeriggio seguo dei ragazzi del quartiere. Puoi venire anche tu?».
Annuii di nuovo, mi infilai ancora l’indice nell’orecchio e ripetei la pantomima.
«Questo è quello che faremo! Niente più alcol o quelle cose che fumate voi giovani. Solo compiti e sport».
Annuii per la terza volta e ripetei il gesto del dito nell’orecchio.
«Scusa, ma perché continui a pulirti le orecchie?» mi domandò la perpetua, irritata.
Lo guardai dritto negli occhi, sorrisi e risposi: «Per togliere tutta la merda che lei ci sta infilando dentro!».
Giovanni Battista Cugliari
1 Comment
Mi sono ritrovato molto in questo racconto vorrei tanto poter contattare l’artista.