Il racconto della domenica: Copioni e ricopioni di Fernando Camilleri
Scosto la tendina di pistacchi e sgrano gli occhi: c’è una casa a un passo dalla mia, sul terreno che è sempre stato sgombro. Fino a ieri sera c’era un campo incolto in quel punto. Non avevo vicini di casa, sono venuto a vivere qui proprio per non avere fastidiosi vicini di casa. Riuscivo a scorgere l’insegna del negozio di spazzolini da denti usati in fondo alla strada e adesso questa costruzione mi ostruisce la vista. Chi si è permesso di farmi un simile affronto? Com’è possibile che abbiano costruito una casa in una sola notte?
Infilo i mocassini scamosciati e mi precipito fuori. La nuova abitazione ha i muri di noci, proprio come la mia; il tetto di arachidi, come il mio; le finestre di pinoli, uguali alle mie; la grondaia di nocciole, come la mia. Chi ha osato copiarmi l’idea di costruire una casa di frutta secca? Mi sentiranno adesso, mi dovranno delle spiegazioni. Ci sono tutti i presupposti per una denuncia.
Calpesto lo zerbino di anacardi e busso sulla porta di mandorle. Mi apre un tizio alto quanto me, cicciottello come me, con i capelli ricci e neri come i miei, il naso a patata come il mio, un neo sullo zigomo preciso al mio, vestito come me e con gli occhiali di osso uguali ai miei. È la mia copia spiccicata. Ha persino i mocassini scamosciati identici ai miei.
«Che scherzo è questo?» ringhio.
«Buongiovno» dice, senza battere ciglio. «Di quale schevzo pavla?»
Almeno ha qualcosa di diverso da me: la erre moscia. E sospetto che non sia l’unica cosa moscia che ha.
«Mi hai copiato la casa!»
«Non ho copiato pvopvio nulla.»
«Hai copiato il mio look e ti sei truccato per assomigliarmi!»
«Mi pevdoni, ma io non mi tvucco.»
«Lo scopriremo tra un attimo.» Estraggo il cellulare dalla tasca. «Ora chiamo la Polizia.» Digito il numero e attendo il clic. «Joe Scorre, Surcitown, Himmy Route ventitré.»
Kiwi! Kiwi! Kiwi!
Dalla parte ingobbita della strada appare la macchina ovale ricoperta di peluria marrone.
Kiwi! Kiwi! Kiwi!
La vettura mi raggiunge e la sirena si zittisce. La Polizia apre la buccia laterale, smonta dall’abitacolo e si toglie il casco di banane dalla testa liberando la chioma rossa. Mi para dinanzi il suo fisico da culturista. «Sei tu Joe Scorre?»
«Sono io.» Punto l’indice contro il malfattore. «Questo tizio ha copiato la mia casa di frutta secca, non ce ne sono uguali in tutto il mondo e lui stanotte l’ha plagiata. Ora la mia proprietà perderà valore e per giunta non riesco più a vedere il negozio di spazzolini da denti usati.» Scuoto la testa. «E poi vedi? Mi ha copiato pure i vestiti, i capelli e la faccia. Fai qualcosa, arrestalo, mandalo via e distruggi la sua casa!»
«In effetti sembrate gemelli.» La Polizia si mordicchia il rossetto blu sulle labbra e si volta verso il copione. «Tu come ti chiami?»
«Joe Scovve.»
«Impostore!» Mi fiondo con le mani artigliate in direzione del suo collo uguale al mio. «Ti faccio passare la voglia di copiarmi!»
«Calmati.» La Polizia mi blocca con un braccio nerboruto. «Ci penso io a sistemare tutto.» Ci osserva a turno. «Favoritemi i documenti.» Confronta le carte di identità, esamina le due abitazioni e effettua delle ricerche sul suo palmare da datteri. «Stesso nome» mormora. «Stesso luogo e stessa data di nascita, stessa residenza…»
«E allora?» sbuffo.
«E allora risulta che tu sei il vero Joe Scorre.»
Spalanco un sorriso a centoquarantacinque denti. «Quindi questo tizio è solo un copione ricopione?»
«Proprio così.»
«Quindi l’altra casa va demolita?»
«Mi sembra ovvio.»
L’impostore ci osserva con espressione da allocco. Povero babbeo, non sa nemmeno come si usa la mia faccia. Sbatte le palpebre come se si stesse risvegliando da un sogno e alza un dito come i bambini a scuola che vogliono parlare. «Pevmettetemi di dive che siete entvambi in evvove.» Tira fuori dalla tasca un cellulare uguale al mio, digita sulla tastiera. «Joe Scovve, Suvcitown, Himmy Voute ventitvé.»
Kiwi! Kiwi! Kiwi!
Dalla parte ingobbita della strada giunge una nuova macchina ricoperta di pelo marrone. Si ferma accanto all’altra identica, e dalla buccia laterale scende una seconda Polizia muscolosa, uguale alla prima. Si rivolge al furfante e gli dice: «Buongiovno, potvebbe favmi la covtesia di divmi se è lei Joe Scovve?».
«Buongiovno, sono pvopvio io.»
«Ovdunque potvebbe illustvavmi il pvoblema?»
«Questi signovi vovvebbevo vimuoveve la mia casa.»
Scambio un’occhiata con la prima Polizia, quella senza la erre moscia. Ora siamo noi ad avere l’espressione allocchita.
La seconda Polizia si para dinanzi alla prima. «Pev covtesia potvebbe favovivmi il suo distintivo?»
La prima poggia la mano sulla fondina. «Come osi fare una simile richiesta all’unica vera Polizia?»
«Mi dispiace dovevla contvaddive, ma sono io la veva Polizia.»
«Tu sei solo una copiona.» Tira fuori la pistola. «Una copiona ricopiona.»
La seconda Polizia scatta in avanti come una leonessa, disarma la prima e le mette le manette ai polsi e alle caviglie. «La dichiavo in avvesto.»
La prima Polizia scoppia a piangere. «Voglio la mamma!»
La seconda viene verso di me. «Savebbe così gentile da davmi le sue genevalità?»
Inghiotto una biglia di saliva. «Io sono Joe Scorre, vivo qui da vent’anni e fino a ieri la mia era l’unica casa di frutta secca in tutto il mondo.»
«Mi faccia contvollave i documenti.»
Le porgo la carta d’identità e l’atto di proprietà della casa. Inspiro a fondo. Andrà tutto bene, le carte sono in regola.
Legge, esamina le due abitazioni e torna da me. «Anche lei è in avvesto.» Mi ammanetta e prende la radiotrasmittente. «Vichiedo l’intevvento del demolitove.»
«Ma…» Piombo a terra come un salame. Sbatto le palpebre. Sto sognando? Mi trovo in un incubo? «Che stai facendo?» Forzo le manette e mi faccio tanto male ai polsi e alle caviglie. «Io sono il Joe Scorre originale, quello è un copione e anche tu sei una copiona. Liberami subito!»
Squit! Squit! Squit!
Dalla strada giunge il Topo Demolitore. Il roditore, più alto della mia casa, si mette a rosicchiare le noci dei muri e fa crollare il tetto di arachidi.
«No, no, nooo!» urlo. «Questa è un’ingiustizia!»
La Polizia copiona distrugge a manganellate la prima macchina ricoperta di peluria marrone e scaraventa la Polizia originale nel vano di carico della sua. «Questa è la pvoceduva covvetta.» Mi solleva da terra e mi lancia nel retro della sua automobile, accanto alla Polizia piangente. «È necessavio fav vispettave la legge.»
«Stai fermaaa!» Ahi, che botta. «Ma quale legge?» Sollevo il capo dolorante per scrutare all’esterno. «Siete tu e quel copione lì fuori che state infrangendo la legge!»
«Signove, lei è in evvove. Non è al covvente delle nuove novmative?»
«Di cosa cavolo parli?»
«Da oggi entvano in vigove le nuove divettive.»
«Non ne so niente e non mi interessa.» Contraggo il corpo come un lombrico colpito da un taser. «So solo che siete dei copioni ricopioni!»
«L’umanità è allo sbando, sevve un pvofondo vinnovamento.»
«Rinnovamento? Quale rinnovamento?» Scatarro verso l’esterno, ma il mio debole sputo mi precipita sui piedi. «Siete dei pazzi copioni e delinquenti!»
La seconda Polizia rimane impassibile. «Signove, siamo gli unici in gvado di vicostruive un mondo migliove.»
Il portello posteriore si chiude. Scompare la vista del cielo azzurro, del prato verde e del topo grigio che rosicchia gli ultimi frammenti della mia casa. Sono in trappola, strappato alla mia tranquilla vita. La prima Polizia continua a piagnucolare. Anche i miei occhi scatenano cascate di lacrime. La vista si appanna, ma l’udito capta la seconda Polizia che chiude lo sportello del guidatore e mette in moto.
«Dove ci porti?» strillo, con la voce singhiozzante. «Che ne sarà di noi?»
«Vottamazione» risponde.
«Cosa?» Mi contorco e mi dimeno come una larva impazzita. «Rottamazione? Che vuol dire rottamazione?» Sbatto a destra e a manca, rimbalzo sul corpo della Polizia prigioniera. «Liberaci subito, tiraci fuori di qui! Siete dei maledetti copioni e ricopioni!»
La macchina parte.
Sbraito, mi sgolo, schiamazzo. Ma le sirene sovrastano le mie urla.
Kiwi! Kiwi! Kiwi!
Fernando Camilleri