Manifesto, raccolta antologica a cura di Iacopo Barison: 10 autori per raccontare il disagio dei millennial. Recensione
“Le parole d’ordine? Io, qui, adesso. Descrivere ciò che abbiamo vicino come se fosse un’isola da scoprire. Un panorama inedito che si ingrandisce dietro il cannocchiale. Una sorpresa che pensavamo già di conoscere.” Con queste parole Iacopo Barison introduce Manifesto (uscito per Fandango), raccolta antologica che riunisce dieci tra le voci più interessanti della generazione dei millennial.
Manifesto, la trama (e non solo) delle storie: dieci contributi in forma diversa
Dieci contributi in forma diversa (narrativa classica, racconti in versi, racconto illustrato, personal essay) che sono in grado di raccontare il presente in modo nuovo, moderno, non prettamente novecentesco, come fa ancora molta della letteratura italiana contemporanea. Il racconto di Jonathan Bazzi ci proietta nella vita di due fidanzate che, dal primo lockdown in poi, si abituano a concludere la giornata nell’ottundimento dell’alcol. Storia semiseria di un disagio diffuso e risolto nel proprio privatissimo male minore (“se non è l’alcol è il cibo, il sesso, le serie TV, lo shopping, il volontariato, le chiese”). Eleonora Caruso è invece alle prese con un’APP che dovrebbe aiutarla a sviluppare buone abitudini di vita, con un immancabile effetto opposto molto divertente; mentre Alessio Forgione sposta l’attenzione verso le relazioni di coppia generate dalla noia, da un vuoto esistenziale colmato, spesso, con discorsi laconici e incomprensioni silenziose. Più spensierato e ironico è il monologo della comica Michela Giraud; originale e interessante il racconto di formazione personale di Ilaria Gaspari che passa attraverso l’accudimento delle sue piante grasse. A concludere il volume troviamo le tavole illustrate da ZUZU e il racconto in versi di Tutti Fenomeni.
Il disagio di una generazione
Manifesto è una selezione, varia e interessante, di dieci contributi molto diversi che hanno un minimo comune denominatore: il disagio di una generazione. Nati tra il 1985 e il 1999, gli artisti scelti sono accomunati da lavori precari, prospettive incerte e scelte inconcludenti. Ne emerge il ritratto onesto della nostra realtà, raccontata con sguardo spesso disilluso e ironico.
“Esistono il club del libro, noi abbiamo il club dell’alcol. Leggendo si vivono mille vite? Prima di cena – alcuni giorni al posto della cena -, noi trascendiamo l’idea stessa di vita, raggiungiamo il suo nucleo incontaminato, irriflesso. Esistere senza guardarsi esistere, pratiche di dissolvenza comunitaria.”(J. Bazzi)
“E chi è che riesce a vivere con spensieratezza, mi domando. Io no, penso, ma ci sono delle volte che vorrei farmi leggero e quasi non esistere e non esercitare alcuna forza sulle cose che mi vengono addosso o contro cui sbatto. Fare fluire e andare, io, con la corrente ed essere parte del moto e vedere fin dove si arriva.” (A. Forgione)
La tecnica narrativa
Questo libro non poteva che avere un carattere “comunitario”, passateci pure il termine. Scrivere di un disagio generazionale riporta alla mente immediatamente un’altra sola parola, l’unica che si può affiancare a questa: supporto.
Supportiamoci a vicenda e ne usciremo vivi, soprattutto quando la speranza vivida che si prova nell’età adolescenziale viene a mancare. Qui non c’è offuscamento della poca maturità da ragazzo, qui l’età è adulta (fin troppo) e la lucidità si presenta schietta davanti agli occhi a ricordarti che se il disagio c’è è pressante, pesante, potente.
E allora uniamoci e aiutiamoci, confrontiamoci.
Il lato semantico di queste storie ha trovato la giusta rappresentazione tecnica narrativa: una raccolta antologica. Storie diverse, per adulti “disagiati” diversi.
a cura di Silvia Ognibene
@silviabookolica