Il racconto del mercoledì: Scossa di Giulia Zoratti
Accadde oggi, avevo la testa tra i manuali di Giurisprudenza, inconsapevole della pila di piatti che mi aspettava da giorni nel lavello e della fine che sarebbe presto arrivata per quell’esistenza dedicata allo studio. Anna, che ai tempi dell’università viveva con me, pareva immersa nella stessa mancanza di consapevolezza del qui e ora, e si portava addosso quella caratteristica come se fosse una nota d’orgoglio. Studiava Lettere Moderne. Sognava di insegnare e diceva di averlo nel sangue. Quando lo diceva aveva un gran sorriso. Non le ho mai chiesto cosa intendesse.
Ad Anna non interessavano i miei piatti nel lavello, aveva preoccupazioni più immateriali. Spesso imprecava contro l’aoristo o qualche altro argomento uscito dalla grammatica greca di cui io non sapevo niente. L’unica materia che poteva collegarci era il latino, con cui entrambe avevamo avuto a che fare, ma di cui nessuna aveva parlato all’altra. Pensavo che fosse una buona idea, giovava al clima in casa.
Anna era una persona originale. E non quel tipo di originale da cinema, come la ragazza imbronciata che si taglia la frangia da sola in un bagno pubblico – non ricordo se è un film che ho già visto. Nemmeno l’originale “è originale” che ti dicono quando una cosa è troppo strana per piacere davvero. Lei era quell’originale che mancava a me.
Accadde oggi, avevo la testa tra i manuali di Giurisprudenza e ci fu un terremoto. Ebbi come la sensazione che qualcuno mi scostasse la sedia, cosa a cui non diedi peso. Anna disse che dal nostro quinto piano l’appartamento aveva dondolato come se fossimo state sulle giostre. Non era riuscita a venire ad avvertirmi perché pensava che saremmo morte entrambe, e allora si era messa a letto, sconfitta.
Quel giorno poi avevo telefonato a mia madre:
«Poteva succedere qualcosa di terribile, e non ha nemmeno pensato di avvisarmi».
«Forse dovresti vivere con qualcun altro» mi aveva risposto. Ero rimasta zitta.
Dal giorno del terremoto avevo iniziato a guardare Anna con sospetto. Pensavo spesso a lei. Prima di dormire riflettevo su certi suoi comportamenti senza senso. Ad esempio, aveva la patente ma non sapeva guidare. Non lo capivo: non ci vuole molto a premere fino in fondo il pedale dell’acceleratore. A me piaceva, è facile sentirsi bravi a guidare quando si può dire di essere più veloci degli altri.
Accadde oggi, avevo la testa tra i manuali di Giurisprudenza ed era il mio compleanno. Anna aveva preparato una torta. Sopra c’era scritto auguri con del cioccolato tremolante. Da quel giorno penso sempre al terremoto, ogni volta che compio gli anni. Quando vado a letto lascio una luce accesa, come se dovessi prepararmi a scappare, nella speranza di non trovarmi mai paralizzata come lei. Per ora, comunque, nessun terremoto. Scorro tra le notifiche per cercare i suoi auguri. Nulla. Se lo sarà dimenticato. Ma in fondo nemmeno io ho mai saputo quand’era il suo compleanno. Meglio così. Che se li tenga i suoi auguri. Spengo la luce. La riaccendo.
Giulia Zoratti