Il racconto del mercoledì: Il cervo è morto di Gabriele Valenza
Un cervo compare all’improvviso tra un faggio e una betulla. I suoi occhi sono biglie di pece; le corna, un intrico di rami appuntiti. L’aria è pregna dell’umido odore della terra; c’è una bella luce.
Un rametto si spezza.
Il cervo solleva il capo, rimane immobile, all’ascolto, mentre un filo d’erba gli pende dalla bocca come uno spaghetto al pesto. Un boato squarcia il silenzio provocando il volo di uno stormo di uccelli; il cervo si accascia a terra sanguinante.
Un uomo si avvicina all’animale per poi voltarsi verso suo figlio: «Vieni a dare un’occhiata».
Il ragazzino sbuffa, poi però obbedisce: «È grosso» commenta. Lo tocca con la punta del piede e l’animale emette un rantolo.
«Ti piace?»
Il figlio non risponde.
«Perché stai piangendo?»
Silenzio.
«Cristo santo, cosa mi tocca vedere.» dice dandogli uno scappellotto. «Fa’ l’uomo, per la miseria, o giuro che ti gonfio di botte.»
Il ragazzino annuisce, si asciuga le lacrime con l’avambraccio e tira su col naso. Suo padre gli passa un coltello. «Avanti, evisceralo.»
«N-non mi va» risponde lui, mentre la lama gli scintilla davanti agli occhi.
«Prendi questo dannato coltello e fai ciò che ti ho detto o giuro che quando torniamo a casa, sparo al tuo stupido cane!»
E allora prende il coltello, poi guarda il cervo; tra sé e sé maledice l’idea di “uomo” che ha suo padre.
«Non abbiamo tutto il giorno.»
Il rimprovero lo scuote. Si piega sulle ginocchia, avvicina la lama all’addome dell’animale che ha ancora lo sguardo impaurito.
Accade tutto troppo in fretta: un movimento veloce, e il coltello ora è conficcato nella coscia dell’uomo; il ragazzino stringe con forza mentre il sangue gli cola sulla mano.
«C-che hai fatto?» gli chiede il suo vecchio che in un attimo diventa pallido come burro.
Il ragazzino molla la presa e muove due passi indietro. Sente che le orecchie gli vanno a fuoco.
Suo padre si mette a sedere e si toglie il cappello. Il fucile gli scivola lentamente dalla spalla e si adagia sull’erba. «M-mi serve aiuto, va’ a chiamare qualcuno.»
Ma il ragazzino non si muove, continua a fissare il coltello conficcato nella coscia del padre come se ci fosse finito per magia, e il sangue caldo macchiarne i pantaloni. Gli ha reciso l’arteria femorale.
Suo padre chiude gli occhi e crolla su un fianco. Si sente l’ennesimo rantolo; le foglie stormiscono; e il cervo è morto.
Gabriele Valenza