Il racconto del mercoledì: Venerdì sera di Flavio Capperucci

 Il racconto del mercoledì: Venerdì sera di Flavio Capperucci

Illustrazione di Marián Gómez Berga

Giro la chiave. Apro la porta. Sento il freddo del monolocale. Il timer della caldaia non è partito neanche stavolta. Giro il termostato. Poso il palmo sul termosifone.

Ho ancora il cappotto addosso.

Penso a cosa ci sarà nel frigorifero. Spinaci surgelati, due uova. Forse. Tre, se sono fortunato.

Sento i piedi gelati dentro le scarpe di cuoio. C’è un taglio sulla suola destra. L’ho scoperto stamattina, passando sopra una pozzanghera. Carlo mi ha consigliato un negozio. Prima, al bar sotto l’ufficio. Durante l’aperitivo di rito del venerdì.

«Vai da Cardinale» mi ha detto. Anche gli altri me lo hanno consigliato. Poi hanno ripreso a parlare del fine settimana. Quasi tutti vanno a sciare. Maria, invece, va col marito e i figli dalla suocera, in campagna. Giorgio in moto, con gli amici.

Io ho detto che sarei andato al lago, con una ragazza. È già la terza volta che lo dico. Devo inventarmi qualcosa di nuovo.

Invece, andrò a fare la spesa. Poi da Cardinale, a comprare le scarpe. Forse. Conoscendo Carlo, saranno di sicuro carissime.

Il palmo della mano è diventato caldo.

 

Ho finito la cena. Uova non ce ne erano. Però c’era un po’ di parmigiano. L’ho grattugiato sugli spinaci. Avevo anche due fette di pancarré nel frigo, e uno yogurt alla banana che ho usato come dolce.

Lavo il piatto, la forchetta, il cucchiaino e la piccola padella. Li lascio ad asciugare nel lavello.

Torno al tavolo. Accendo la televisione. Faccio una rapida carrellata. Trovo la partita della Nazionale. Questo vuol dire che nel fine settimana non ci saranno neanche le partite di campionato.

È un’amichevole contro Malta.

Stanno già tre a zero. Seguo il resto del primo tempo. All’intervallo, vado in bagno.

Sulla parete c’è uno di quei minuscoli millepiedi argentati. Quelli che vivono nelle intercapedini delle porte.

Prendo un po’ di carta igienica. Cerco di afferrarlo. Ma è rapido. E mi sfugge. Scompare.

Torno a seguire la ripresa. Ci sono sette sostituzioni tutte insieme.

 

La partita è finita. Spengo la televisione.

Vado allo scaffale sopra al letto. Cerco un libro di racconti. Non lo trovo.

Deve essere a casa dei miei. Nella libreria, in camera di Andrea. Forse.

Leggo i titoli degli altri libri. Poi giro la testa. Ai piedi della porta c’è un opuscolo. Le offerte del supermercato di zona.

Mi siedo al tavolo. Inizio a sfogliarlo. Salto le pagine degli alimenti. Mi soffermo sui piccoli elettrodomestici. Tostapani, frullatori, bollitori.

Potrei comprarne uno. Forse. Ma rimarrebbe tutto il tempo in vista. Nel mobiletto dell’angolo cottura non ci entra.

Guardo le offerte dei giocattoli. Poi le biciclette, i telefoni, gli attrezzi per il giardinaggio. Sbadiglio. Vado in bagno. Mi lavo i denti.

Accendo la lampadina sulla testiera. Scosto la coperta. Entro nel letto. Spengo la luce.

Se mi succede qualcosa. Che so io. Se smetto di respirare. Se mi si ferma il cuore. Rimarrei nel letto per qualche giorno. Martedì, o mercoledì, mi troverebbero. Il primo ad accorgersene sarebbe quel millepiedi.

Forse.

Flavio Capperucci

Blam

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