La figlia unica di Guadalupe Nettel: mille modi per essere madre. Recensione
La figlia unica: la trama del libro di Guadalupe Nettel
La figlia unica, edito da La Nuova Frontiera, è un romanzo ambientato in Messico che vede come protagoniste due amiche, Laura e Alina, che si conoscono da giovani a Parigi e poi si ritrovano nel loro paese d’origine a vivere la loro vita da adulte. Molto simili e altrettanto diverse fra di loro, c’è un terreno su cui le loro vedute sembrano divergere: quello della maternità, inizialmente vista da entrambe come un ostacolo per le proprie vite. Ma come spesso accade, l’amore sovverte il corso delle cose: Alina si innamora di Aurelio e decide di tentare ogni strada per avere un figlio. E nonostante le difficoltà, ecco arrivare la tanto desiderata gestazione di Inés. Al settimo mese di gravidanza tuttavia i medici comunicano ai genitori che il cervello della bambina non si è sviluppato e quindi la stessa non sopravvivrà dopo la nascita.
In beffa a ogni pronostico però Inés, sin dal momento in cui vede la luce, decide di attaccarsi alla vita con tutte le sue forze. La sua è comunque un’esistenza fragilissima, sempre sul punto di cedere. Mentre Alina è alle prese con questa maternità, in cui la vita e la morte sono indissolubilmente legate, Laura sembra invece ferma nella sua posizione. Ma anche in questo caso, il destino bussa sempre alla porta di casa, o meglio si insinua nell’appartamento accanto. È qui che abitano Doris e suo figlio Nicolás, un ragazzino di otto anni rimasto orfano di un padre violento. Contro ogni aspettativa sarà proprio Laura a occuparsi di loro e di quella donna vittima di depressione..
La forza di Alina e Inés
Dopo aver ricevuto la terribile notizia, Alina non può non portare a termine la gravidanza, ormai in stato avanzato, e si trova così a convivere con l’incubo di dover partorire una bambina che potrà sopravvivere al massimo un paio d’ore fuori dalla sua pancia. Affiancata da psicologi e tanatologi, Alina, prima ancora di partorire la figlia, deve già iniziare a fare i conti con la sua morte. Al momento della nascita la famiglia e le amiche di Alina si riuniscono fuori dalla sala parto per il primo e ultimo saluto a Inés, ma ai medici appare subito chiaro che qualcosa non va. La bambina sembra non aver intenzione di morire. Fra smarrimento e gioia, i genitori devono fare i conti con la nuova realtà. Un passaggio tutt’altro che immediato, soprattutto per Alina: per settimane tutti hanno cercato di farle accettare il fatto che sua figlia sarebbe morta e ora le chiedono di accettare che sopravvivrà ma in uno stato vegetativo e per un tempo imprecisato. L’unico modo per andare avanti quindi è vivere giorno per giorno, oscillando pericolosamente fra il desiderio naturale di affezionarsi troppo alla piccola e l’istinto razionale di cercare di non farlo. In questo gioco di crisi e rinascite, di speranze e di sconforto, nella vita di Inés e Alina arriva Marlene, la babysitter che sviluppa sin da subito un rapporto simbiotico con la bambina. Marlene è una madre mancata e sviluppa un rapporto quasi ossessivo con la piccola che deve accudire.
Mille modi per essere madre
Laura non vuole essere madre e ne è perfettamente convinta. La sua certezza però sembra entrare in crisi in alcuni snodi della storia. In realtà è una donna che resta sempre fedele a se stessa. Laura rappresenta tutte quelle donne, troppo spesso incomprese, che scelgono coscientemente di non vivere la maternità nel senso più ovvio del termine ma non per questo sono delle persone anaffettive o non sono in grado di prendersi cura degli altri. Al contrario, la protagonista riesce a stare accanto all’amica Alina, si allontana dalla madre ma poi trova il modo per riavvicinarsi a lei e comprendere le sue posizioni, prima detesta ma poi si affeziona alla cova dei piccioni e soprattutto si mette in gioco entrando nella vita di Nicolás e di Doris. Dalle urla aggressive del bambino che Laura sente dal suo appartamento mentre scrive la tesi percepisce che qualcosa non va nella famiglia che gli abita accanto. In punta di piedi, con molto tatto e altrettanta determinazione Laura comprende cosa si nasconde dietro quelle mura e si rende conto che Doris deve combattere non solo contro la violenza del figlio, dopo aver subito quella del padre di lui poi deceduto, ma anche contro la sua depressione.
Lo stile di scrittura di Guadalupe Nettel
La figlia unica è la terza opera della scrittrice messicana e il suo primo romanzo. Tradotto in molte lingue e più volte ristampato anche in Italia, è stato certamente uno dei libri più apprezzati degli ultimi mesi. È un romanzo che con una prosa fluida e colloquiale conduce il lettore dentro gli abissi dell’animo umano e dentro tematiche profondissime quanto quotidiane. Nettel parla di maternità, di voglia di vivere, di morte, racconta come sia normale cadere, rialzarsi, perdersi, ritrovarsi. Con uno stile autentico e veritiero, indaga i temi universali dell’amore, dell’amicizia, dell’affetto dentro e fuori la famiglia tradizionale, delle difficoltà che sembrano insormontabili, delle sbandate lungo il nostro percorso. E lo fa con empatia e senza giudizi, con una sorta di fede nella vita, laicissima e niente affatto spirituale, che è impossibile non abbracciare. Attraverso la voce narrante di Laura, il lettore si appassiona alla storia, piange, si rallegra, si indigna, spera. In una sola parola: vive.
A cura di Barbara Rossi