Piperita di Francesco Mila: un esordio generazionale che scommette sul futuro. Recensione
In che modo l’assenza plasma la vita di coloro che restano? Francesco Mila, classe 1996, esordisce per Fandango Libri con un romanzo che ripercorre l’infanzia e l’adolescenza di Lapo e Emma, due fratelli legati dalla perdita, dalla mancanza e dal desiderio smodato di essere amati.
Piperita: la trama del libro di Francesco Mila
Figli di genitori benestanti – padre oncologo e madre futura insegnante di inglese– , Lapo e Emma trascorrono l’infanzia esplorando i dintorni della casa al lago: il molo, le acque basse popolati dai pesci e i rovi che circondano la loro abitazione, da scavalcare alla ricerca di un pomeriggio avventuroso. Tra ginocchia sbucciate, improvvisi acquazzoni e bagni proibiti nelle acque di un lago calmo solo all’apparenza, il legame tra Lapo e Emma si fa saldo, protettivo. Tra loro si crea un cerchio affettivo sufficiente a proteggerli da ciò che accade tra le mura domestiche.
La madre Lucrezia, ossessionata dai divi del cinema e dal proprio aspetto esteriore, conduce la vita di un’eterna adolescente protagonista del jet set, il padre Gioacchino la attende chiuso nei propri silenzi che rabbiosamente coltiva, al pari delle sue rose, in un mutismo esasperante. Gioacchino e Lucrezia, incapaci di separarsi, restano innamorati di un passato lontano, precedente alla nascita dei figli.
Tra litigi, tradimenti e l’assenza ingombrante di Lucrezia, che osserva i figli con sguardo vuoto e disinteressato, Lapo e Emma costruiscono il loro mondo di favole e racconti notturni, popolati dalle avventure di teneri personaggi, capaci di salvarli dall’insicurezza che li circonda. Protagonista dei racconti che Emma inventa è la Piperita, una “specie di impagabile seienne bohémienne” libera, ironica e invincibile.
“All’epoca dividevo la camera con lei – l’avrei fatto fino al liceo. Non me la sentivo di dormire da solo, e la notte Emma mi raccontava storie che avevano per protagonista una bambina. Si trattava, nello specifico, di una bambina molto piperita”.
L’adolescenza: punto nevralgico dell’essenza della vita
Crescendo, Lapo e Emma sanciscono silenziosamente una distanza che li porta a non conoscersi affatto. La mancanza della madre, il clima di tensione tra le mura domestiche e il peso dei silenzi, delle verità mai chiaramente espresse, avvelena entrambi trasformandosi in altre forme di dolore. Lapo fa esperienza delle prime esclusive amicizie grazie all’incontro con Amedeo e conosce l’amore, immaturo e inesperto come accade a diciassette anni, grazie a Greta. Emma, invece, perde l’aspetto della Piperita e va annullandosi lentamente nel rifiuto del cibo, in una solitudine dentro la quale nemmeno Lapo sa leggere. Solo Greta sarà in grado di accorgersi di ciò che accade in quella famiglia ammalata di assenza, e di condurre Lapo verso l’inizio di una cura.
“Quell’anno diverse volte mio padre fu convocato dalle maestre di mia sorella, perché il dolore che Emma era in grado di comprimere in casa si riversava altrove. Dopo, quando le domandavo “cos’hai?”, Emma rispondeva, “niente”, e ammutolivamo entrambi.
Il niente di Emma era il niente di cui soffrivo anch’io, e che in modo diverso riempieva anche Primo.”
La scrittura di Francesco Mila, un esordio promettente
Con una scrittura incredibilmente consapevole, Francesco Mila ci racconta una storia di dolore e perdita in cui è difficile non trovare una parte della propria esperienza. La vergogna, che accomuna tutte le adolescenze, il senso di inadeguatezza rispetto agli standard, l’incomprensione in cui si naviga, alla ricerca di una figura capace di contenere gli eccessi. Tutto ciò che manca a Lapo e Emma fa presa sul lettore come una spina, un dolore che non svanisce, ma si modula, cambia negli anni, trasformandosi in una malattia, in una ferita che non si rimargina perché continuamente stuzzicata. Con il suo stile, Francesco Mila dà l’impressione di scrivere già con la consapevolezza di chi questo mestiere lo fa da tempo, ma non tralascia lo sguardo di un ragazzo, gli occhi colmi di speranza verso un futuro capace di ricucire almeno una parte degli strappi del passato.
“In quel periodo, le rare volte in cui riuscivo a parlare con Emma, avevo l’impressione che a ogni momento il suo linguaggio si impoverisse, e che dimenticasse una dopo l’altra parole, espressioni del suo lessico infantile. Mi chiedevo dove finissero e una voce mi rispondeva: “Al lago, sopra le travi del molo.” Forse precipitate verso il fondale, masticate dai pesci.”
a cura di Silvia Ognibene
@silviabookolica