La notte si avvicina di Loredana Lipperini: un libro fantastico sull’epidemia in piena pandemia. Recensione
Pubblicare un romanzo nel quale si parla di epidemie nel 2020 non è una scelta facile, eppure la casa editrice Bompiani l’ha fatto. Quando poi a scriverlo è una delle più prestigiose scrittrici di fantasy in Italia, la promessa di leggere qualcosa per cui valga davvero la pena superare “l’ostacolo psicologico” è pienamente soddisfatta. In libreria da ottobre 2020, La notte si avvicina è il nuovo romanzo di Loredana Lipperini, un’opera la cui genesi si colloca molto indietro nel tempo, “molto prima che la pandemia fosse pensabile” come dice la stessa autrice dialogando con la critica Giuliana Misserville all’interno del podcast dedicato alla letteratura fantastica La mano sinistra.
La notte di avvicina: la trama del libro di Loredana Lipperini
“Le transenne sono arancioni, esattamente come quelle apparse subito dopo il terremoto, e identico è il cartello bordato di rosso con la scritta ‘Alt! Esercito’. Questa volta, però, nastri e sbarre non impediscono di entrare, ma di uscire”.
Ambientato in un piccolo paesino delle Marche, il tempo del romanzo è quello drammatico del 2008, l’anno della crisi economica mondiale. Nella solitaria Vallescura a preoccupare però è ben altro: prima la stanchezza estrema, poi la febbre alta che non abbandona mai, e per ultimi i bubboni. Infine, inevitabile, la morte.
Il medico del paese è il primo ad accorgersene, lo seguono le autorità e infine anche gli abitanti, sconvolti, se ne rendono conto: tra loro è arrivata la peste. Ma chi l’ha portata, si chiedono i cittadini e le cittadine? E perché proprio loro?
Per le autorità l’origine è di importanza secondaria: prima di tutto occorre chiudere Vallescura, isolarla in modo che il male non si diffonda. Vengono messe le transenne ai confini delle strade, i militari sorvegliano che nessuno entri e, soprattutto, esca. In uno spostarsi continuo tra passato, presente e futuro, le voci di Saretta, Giulia, Chiara, Carmen e tante altre donne che abitano tra le montagne marchigiane si alternano nel romanzo per raccontare le vicende drammatiche e misteriose che circondano gli avvenimenti di Vallescura.
Chi abita Vallescura siamo anche noi
La notte si avvicina apre la visuale su un paese, Vallescura, abitato da uomini e donne che vivono la loro quotidianità in un’atmosfera quasi cristallizzata nel tempo. Ci sono le sagre e le lunghe tavolate di legno e il cibo e il vino, e i terrazzi gonfi di fiori freschi e i pettegolezzi e ancora il vino, e ancora il cibo e le feste di paese e il rispetto per le tradizioni e per l’autorità. Vallescura vive in un’atmosfera che ricorda il silenzio pigro e accaldato di una domenica estiva. Qualsiasi cosa o persona che mira a cambiare questa calma o che semplicemente “arriva” da fuori, entra immediatamente in conflitto con il paese, con modalità e atmosfere che ricordano molto la Derry di It, il romanzo dello scrittore americano Stephen King (autore per il quale Lipperini ha più volte nel corso degli anni manifestato il suo grande affetto).
“Il paese, come ogni paese, teme coloro che vengono da fuori. Teme gli stranieri, che pretendono di cambiare l’ordine delle cose con la loro stessa presenza, che è per forza di cose dissonante, e mai faranno simili a chi nel paese è nato, mangeranno cibi diversi, ascolteranno altra musica, ti guarderanno, sempre per giudicarti”.
Proprio per questo il paese – guidato dalla matriarca Saretta, l’incarnazione degli istinti più bassi delle donne e gli uomini di Vallescura, il punto di riferimento per ogni decisione – individua la colpevole dell’epidemia in Maria, la straniera. Colei che è arrivata qualche anno prima “da fuori” piena di dolore e solitudine a causa della perdita dei figli, e che negli abitanti del posto ha trovato solo un isolamento maggiore, un’ostilità profonda dettata dal suo essere diversa e in quanto tale costituire un pericolo.
Ma è veramente così? La giovane Maria è veramente colpevole di aver portato la peste a Vallescura, o c’è magari qualcosa di più, un motivo oscuro e antico che incombe già da tempo sulle vite pigre dei cittadini?
L’oscillare continuo tra realtà e immaginazione
Nel nuovo romanzo di Lipperini torna la straordinaria abilità della scrittrice di costruire una storia nella quale l’elemento fantastico viene percepito da chi legge –almeno all’inizio – come un qualcosa di vagamente inquietante, sfuggente, all’angolo estremo del campo visivo del racconto. Man mano che si procede con la lettura, ciò che di inconsueto quasi sfuggiva alla nostra vista viene messo a fuoco con sempre maggiore chiarezza grazie alle donne che prendono la parola all’interno del romanzo e si fanno narratrici di quella parte oscura, magica e inquietante del paese che spiega l’epidemia di Vallescura.
“Aurelia scuote la testa, i capelli corti sono spettinati. No, dice non è questo. É che quella donna è il paese, è come se nessuno potesse far qualcosa se lei non”.
Il grande merito de La notte si avvicina è quello di avere molteplici piani di lettura, che rendono il romanzo un’opera da leggere e rileggere più volte per essere veramente e chiaramente compresa. Primo fra tutti l’elemento fantastico che conferisce un’origine soprannaturale all’epidemia e si intreccia strettamente a una mitologia di donne che certo, sono esseri umani, ma allo stesso tempo manifestazioni divine che tornano dagli inferi per premiare e punire gli abitanti.
C’è poi quello più intimamente legato alla nostra attualità, che emerge soprattutto a partire dagli abitanti sfortunati di Vallescura, uomini e donne isolati e chiusi in tutti i sensi del termine, ostili, depressi e sempre pronti a ferire (fisicamente e psicologicamente) chi è diverso.
“É il paese, pensava Carmen. il paese che espelle o distrugge chi non lo rende omogeneo, presentabile, quieto. I matti, gli ubriaconi, i tossici. Se ne vanno o crepano, quel che conta è mostrarsi uniti, festeggiare l’autunno con la castagnata e il vino rosso, ammirare, tutti insieme le luminarie di Natale, partecipare – tutti, mi raccomando – al presepe vivente, cucinare per la cena estiva. Una, due, dieci cene estive, fino a spaccarsi il cuore di cibo”.
a cura di Alessia Cito