Il racconto della domenica: Il naso di Alice di Marezia Ori
«Ma che bel nasino patatino. Puff! Non c’è più: te l’ho rubato, adesso è mio.»
Nonno Guido che fingeva di portarle via il naso era uno dei suoi più lontani ricordi. Quello stupido, insignificante ammennicolo le avvelenava finanche il piacere di ripensare all’infanzia. Alice era sicura di averlo detestato dal primo momento in cui aveva imparato a riconoscersi in uno specchio. Un’appendice minuscola, un cosino insulso nel mezzo di un viso ovale, regolare e decisamente grazioso.
Eppure, quand’era bambina, quel suo orribile “nasino patatino” sembrava intenerire tutti gli adulti: nonni, zii, amici di famiglia, persino le maestre. Anche il parroco, il giorno della comunione, le aveva fatto un complimento scherzoso in proposito. Le parole esatte le aveva dimenticate, ma non il fastidio provato all’epoca. Lo aveva sempre odiato quel moncherino ridicolo!
Per tutta l’infanzia aveva aspettato e sperato che crescesse ed evolvesse finalmente in un naso adulto, ben delineato, deciso, sicuro di sé; ma nulla. Le era cresciuto tutto: tette, braccia, gambe, anche le mani con le loro dita lunghe e sottili da pianista; la pelosità – ben più di quanto avrebbe desiderato – ma il naso era rimasto identico, sembrando anzi farsi ancora più piccolo sul viso dai tratti via via più maturi, affermati.
Nella sua piccolezza, era stato un grande freno per tutta la sua vita: bambina, a Carnevale non aveva mai potuto travestirsi come avrebbe voluto, le maschere scivolavano sul suo abbozzo di naso ed era costretta a indossare i panni di damina o danzatrice spagnola, pur sognando quelli di Zorro o del Ranger Solitario. Con il passare degli anni, quell’handicap insopportabile le aveva guastato anche le prime fantasie romantiche. Leggeva di batticuori adolescenziali, sospirava davanti a commedie per teenager in overdose ormonale: pagine e fotogrammi di meravigliosi primi baci impacciati con nasi che si scontravano e si strofinavano; e si fermava a pensare che il suo naso ridicolmente minuscolo non si sarebbe mai intralciato con nessuno.
Per fortuna non era stato davvero un ostacolo per la scoperta dei sensi: né i baci appassionati né quello che li seguiva necessitavano di nasi volitivi per dare soddisfazione. E, doveva riconoscerlo, nonostante la tara sul viso, aveva avuto un discreto successo con i ragazzi.
Ma non era quello il punto: non era agli uomini che doveva piacere, bensì a se stessa, e con quel naso era assolutamente impossibile.
Aveva vissuto gli anni del liceo e dell’università come un calvario: lei, così piena di idee, motivazione, grinta, aveva sempre fatto la figura della timidona trasparente, incapace di esprimere un’opinione in pubblico. Aveva partecipato a decine di dibattiti e assemblee studentesche limitandosi, tuttavia, ad ascoltare e a scuotere la testa in un verso o in quello opposto. Come avrebbe potuto alzarsi e parlare davanti a tutti? Quante volte le sarebbe piaciuto balzare in piedi e urlare: «Basta! Ho io la soluzione. So cosa dovremmo fare, cosa manca ai giovani, alla nostra città, al Paese». Ma non ne aveva mai avuto il coraggio: immaginava di iniziare a parlare e trovarsi gli sguardi di tutti fissi su suo ridicolo naso patatino: chi mai l’avrebbe presa sul serio?
Per tutta la vita, quel coso le aveva tarpato le ali. Chissà cosa avrebbe potuto fare, con un vero naso: sarebbe diventata un’avvocatessa di successo, o magari avrebbe intrapreso una carriera diplomatica o di conferenziera, se non di ministro. Invece si era ritrovata a scegliere incarichi defilati, dove poter stare nascosta dietro un vetro, uno schermo, un telefono, una qualsiasi barriera che mascherasse la sua malformazione agli occhi degli interlocutori.
Da un paio di anni lavorava come giurista in un piccolo studio di assicurazioni, un buon posto, non se ne lamentava: gli orari erano comodi, flessibili quanto possibile e anche l’attività non era male, anche se spesso i litigi di cui si occupava erano banali e ripetitivi. Eppure, non riusciva a non fantasticare su come sarebbe stata la sua vita se fosse diventata una celebre diva del Foro. Ma con quel naso, nemmeno a pensarci.
Il contratto indeterminato le aveva però aperto, finalmente, le porte cui tanto ambiva bussare: quelle di una clinica di chirurgia estetica. Quante incredibili, travolgenti emozioni, entrando per la prima volta nel salottino turchese, poi seduta con le ginocchia ben strette sulla poltroncina di velluto, in attesa di essere ricevuta dal dottor Callisto. Impossibile spiegare ad altri il subbuglio di sensazioni che le si erano agitate, accapigliate e abbracciate dentro lo stomaco. Poteva infine cancellare quell’obbrobrio e dare al suo volto il naso che meritava.
Impossibile spiegarlo a parole. Nemmeno Luca fu in grado di capire: quando glielo annunciò, lo vide sgranare gli occhi e sporgere il labbro superiore, come ogni volta che rifletteva sulle parole da usare.
«Aly, amore, lo so che il tuo naso non… che fai fatica ad accettarlo, ma sei sicura? Voglio dire, a me piace il tuo nasi… non è come pensi tu. Il problema non è lui, è nella tua testa. Il tuo nasi.. è delizioso, delicato, raffinato; con uno nuovo, fosse anche quello di Cleopatra, non so, non ti riconoscerei, non so se potrei abituarmici. Forse ti aiuterebbe parlarne con…»
Rimase impietrito davanti alle sue urla: nei sei anni da quando si conoscevano, nei quattro e mezzo di convivenza, non l’aveva forse mai vista arrabbiata, di sicuro non l’aveva mai sentita gridare. Per forza: Alice sapeva come in preda all’ira il naso le si colorasse di rosso e vibrasse diventando, se possibile, ancora più ridicolo. Ma davanti a tanta insipienza non aveva potuto trattenersi.
«Non è a te che deve piacere! Sono io che devo sentirmi a mio agio con il mio fisico. Il naso è mio e me lo gestisco io. E se credi di non poterlo accettare… la porta sta là.»
Smisero di parlarsi per settimane, se non per lo stretto necessario, Luca era cortese come suo solito, ma freddo. D’altra parte, se anche avesse tentato di riavvicinarsi, lei non gliene avrebbe dato modo; doveva sbollire, prima. Erano stati tanti, negli anni, quelli che avevano cercato di convincerla che la sua fosse solo una fisima, un complesso, una bizza della psiche che un buon terapeuta avrebbe potuto aiutarla a superare. Ma da parte dell’uomo che giurava di amarla, non se lo aspettava: un tradimento mostruoso.
Che se ne andassero tutti a quel paese! Perché pagare uno strizzacervelli per convincerla ad accettare quell’abbozzo ridicolo in mezzo alla faccia, quando con la stessa cifra, probabilmente meno — perché Dio solo sapeva per quanti anni l’avrebbero costretta a trascinarsi da una seduta all’altra, — poteva procurarsi un naso perfetto e degno di lei? Andassero tutti a quel paese, e Luca con loro, se non poteva stare dalla sua parte.
Con il tempo, tutto si calmò e la vita in casa ridivenne normale. Soltanto la sera in cui Alice rientrò al settimo cielo dall’appuntamento col dottor Callisto, annunciandogli la data fissata per l’intervento, Luca fece un nuovo tentativo.
«T’immagini il bel viaggio che potremmo fare con quegli ottomila euro? Pensa il tempo che ti ci è voluto per metterli da parte e vuoi darli a un tizio in camice perché ti scuoi il naso e lo imbottisca di silicone?»
Lo annientò con lo sguardo.
«Lo hai detto: li ho messi da parte io e li uso come voglio. Non provarci! E l’operazione di aumento prevede l’utilizzo di cartilagini naturali, niente silicone, per tua informazione.»
Se mi avessi ascoltato mentre ti riferivo le spiegazioni del chirurgo, lo sapresti, pensò.
Luca chinò le spalle e non sollevò altre obiezioni.
E infine, il momento arrivò: un’ora o poco più d’intervento e tutto sarebbe stato diverso. Addio, stupido patatino, quando uscirò da qui avrò un naso degno di esser chiamato tale, pensava Alice abbandonandosi serena alle carezze dell’anestesia. Sul tavolo operatorio sorrideva, sedata e felice.
Sorrideva ancora, al risveglio, nemmeno i punti di sutura che le attanagliavano la pelle frenarono la sua gioia. Non poteva ancora vederlo: aveva la stecca, i cerotti, la mascherina di gesso, ma sentiva che tutto era diverso, ormai. Era il primo giorno della sua nuova vita, della vita della nuova Alice, quella vera.
Luca era lì, insieme a lei. Un vero tesoro: le avvicinò il recipiente quando la nausea la travolse; la aiutò a bere e ad asciugarsi la bocca, le accarezzò i capelli. Le tenne la mano mentre il chirurgo illustrava il decorso, i dolori probabili dei giorni successivi, e spiegava come i punti interni sarebbero caduti da sé, mentre quelli esterni sarebbero stati rimossi in ambulatorio insieme alle medicazioni esterne, una decina di giorni dopo.
Doveva stare con la testa posata e il naso all’insù per un paio di giorni, riposare e non dimenticare gli antidolorifici.
«Penserò io a lei, dottore, non si preoccupi. Ho chiesto le ferie apposta, la lascerò a riposo assoluto.»
Alice scacciò con una mano le raccomandazioni del medico: «Soprattutto, non si faccia spaventare da gonfiori ed ematomi, tutto si riassorbirà in un paio di settimane al massimo. L’intervento è perfettamente riuscito: le ho plasmato il naso dei suoi sogni».
Alice sorrise ancora più forte, reprimendo una smorfia di dolore: al primo appuntamento aveva portato almeno una decina di fotografie di nasi perfetti da mostrare al medico. Insieme, avevano scelto quello più adatto al suo viso: il bellissimo naso australiano di Margot Robbie. E ora, finalmente, anche il suo.
Le due settimane di convalescenza furono dolorose e meravigliose insieme, Alice faceva progetti, comprava on line abiti e make up atti a valorizzare il bellissimo naso che ancora non poteva vedere ma già sentiva. Organizzarono una festa per celebrare il nuovo inizio, una volta che le avrebbero tolto gesso, stecche e punti. Tutto era più bello, tutto funzionava meglio, persino il sesso con Luca si era tinto di nuovo dell’entusiasmo e della voglia debordante dei primi tempi, sublimati dall’intimità e dalla conoscenza di anni di vita comune: felicità allo stato puro. Nulla poteva rendere ancora migliore la vita di Alice. Tranne il fatto di poter, infine, vedere il suo nuovo, magnifico, naso, naturalmente.
«Ottimo: la cicatrizzazione è ben avviata, c’è ancora qualche rossore, ma nulla che un buon fondotinta non possa nascondere. Bellissimo! Non voglio sembrare presuntuoso, ma è un lavoro d’artista. Io ho finito, lascio giudicare lei, Alice. Lo specchio è là.»
I polpacci le tremavano leggermente mentre lasciava il lettino e s’incamminava lenta verso il grande specchio murale, ma non era paura, quanto eccitazione. Finalmente avrebbe visto quello che aveva tanto immaginato e atteso. Luca poteva già apprezzarlo. Aveva tenuto ad accompagnarla anche nell’ultima tappa e ora, dopo tante obiezioni, si rivelava entusiasta.
«Bellissimo, scusami per aver dubitato di te, è un naso magnifico e si sposa perfettamente con il tuo viso. Sei ancora più bella, amore mio!»
Lo vedi che avevo ragione io, sciocco, avrebbe voluto dirgli, ma si limitò a sorridere e ad assentire mentre osservava nei dettagli l’immagine nuova di zecca che scopriva nello specchio. Sì, aveva avuto ragione, ora l’avrebbero capito tutti. Un naso elegante, sensuale ma non volgare, che sembrava aver fatto da sempre parte del suo bel volto. Sopra a quella nuova appendice, il blu dei suoi occhi sembrava splendere di più; le ciglia avevano l’aspetto più morbido e anche l’arcata denotava ora un’intelligenza decisa ma non aggressiva, ingentilita dalle linee sinuose del naso sottostante. E come le ombreggiava le labbra…
Alice aprì la bocca e tentò di visualizzare bene l’insieme: il naso era perfetto, non c’erano dubbi, esattamente quello che aveva sempre sognato; perché allora, qualcosa ancora le stonava nella cornice dello specchio? Girò il viso di profilo, prima a destra poi a sinistra: anche da quel punto di vista il naso era impeccabile; sollevò il mento, strinse gli occhi, li sgranò al massimo. Non capiva cosa non andasse.
«Alice?»
Alzò una mano per chiedere a Luca di tacere, di lasciarle tempo.
Sorrise allo specchio, ma il sorriso vi rimbalzò falso; scosse la testa, rassettò la frangia con la mano, sporse la boccuccia in avanti come per un selfie ammiccante e allora le fu tutto chiaro: fino a che c’era stato quello sgorbio non aveva avuto modo di rendersene conto, troppo concentrata su quello, eppure ora che il naso era perfetto, il problema era evidente: la bocca.
Piccola, anonima, con due labbra sottili e insipide: un vero orrore.
Marezia Ori