Valentina Maini tra oroscopi, scrittori preferiti, e libri. Intervista alla scrittrice di La Mischia

 Valentina Maini tra oroscopi, scrittori preferiti, e libri. Intervista alla scrittrice di La Mischia

Bilbao, inizi degli anni 2000. Gorane e Jokin sono due gemelli poco più che ventenni, figli di due terroristi dell’Eta. Cresciuti solo con la forza di ideali, senza regole, intraprendono vite diverse, pur rimanendo uniti da un legame profondo, intenso, ma a tratti doloroso. Jokin divenuto eroinomane e musicista, sopraffatto dalle tante pressioni, fugge in silenzio a Parigi dove si innamora di Germana, una ragazza italo-francese misteriosa ed enigmatica (oltre che piromane). Gorane, dopo una tragica vicenda che coinvolge i suoi genitori, inizia a soffrire di strane allucinazioni che la costringono ad andare da uno psichiatra. Decide, allora, di mettersi sulle tracce di suo fratello. Sarà un romanzo e il suo autore, a ricongiungere queste due esistenze. Valentina Maini, con questo esordio che ha conquistato il primo posto nella classifica di qualità dell’Indiscreto, ci spinge con forza nella “Mischia” di esistenze complesse, nelle parole non dette, nelle scelte non fatte, nella luce e nel buio. Ci prende per mano con delicatezza, per poi trascinarci in una corsa oltre ogni limite. Oltre la libertà, la violenza, la morte, oltre l’amore. Con lei, abbiamo fatto una chiacchierata molto divertente. Buona lettura!

 

Valentina, tu hai esordito con La mischia, edito da Bollati e Boringhieri, il 20 02 2020. Già a vederla, questa data, sembra davvero una combo numerica magica. Tu credi nella magia?

 Credo più nella magia che nella scienza. Sono una donna molto primitiva.

La Mischia è un romanzo polifonico e parli davvero di tante cose. Di famiglia, di amore, di tradimenti, di dipendenze. Come è nato questo racconto?

È nato un giorno di maggio a Parigi, in un periodo molto bello che seguiva un periodo molto brutto. Poi, mentre scrivevo, è diventato tutto brutto di nuovo. Non so dire molto altro.

Le tue protagoniste sono delle donne molto forti. Hanno un vissuto di dolore, molto grande e, nonostante questo o forse proprio per questo, si mettono continuamente in gioco. Fanno di tutto per non arrendersi. Quanto di te c’è in questi personaggi?

Sono nata in una famiglia profondamente femminista, tra donne fortissime che hanno patito molto e si sono rialzate senza chiedere aiuto a nessuno. Per me le donne sono sempre state dei portenti e gli uomini glielo hanno permesso senza sentirsi degli inetti. Questo è quello che conosco, anche se il mondo fuori prova a smentirmi in tutti i modi. Gorane e Germana sono anche donne molto impaurite. Si arrendono, e forse proprio per questo poi trovano la forza di avere coraggio. Mi riconosco in questa dinamica tra resa e battaglia.

Nel tuo romanzo ci sono diverse città: Bilbao, Parigi… Quali sono le città che hai nel cuore?

 Credo che la mia città del cuore sia Lisbona, anche se non l’ho mai vista. Probabilmente quando ci andrò sarà difficile schiodarmi da lì. Per questo ancora non ci vado.

In La mischia la musica ha un ruolo molto importante. Se dovessi pensare a una canzone come colonna sonora del tuo libro, a quale penseresti?

 Il Concerto per violino e orchestra in re maggiore op. 35 di Čajkovskij. Coi musicisti un po’ sbronzi però.

Nel tuo racconto c’è una costruzione dubitativa. Tutto è sempre messo in discussione. Tu hai più dubbi o certezze?

 Io ho solo dubbi e nessuna opinione. Ogni tanto una certezza si affaccia, è spiacevole.

Uno dei tuoi personaggi ha un neo particolare. Come mai hai scelto un neo come caratteristica?

 Non ne ho la minima idea. Non sono una grande fan dei nei.

In La mischia si parla di attentati e di terrorismo. Come mai hai deciso di affrontare questo tema?

 Un amico una volta mi ha detto “Hai un terrorista nella testa”. Sono nata in una città (Bologna ndr.) che ha subìto uno dei più tragici attentati della storia italiana. Quella storia fa parte della mia memoria, anche se non c’ero; penso di aver capito allora, da bambina, il significato della parola “fato”. Sono stata adolescente negli anni in cui l’ETA e Al Qaida facevano scoppiare bombe di qua e di là rovinando le nostre gite scolastiche e una certa idea di intoccabilità. Poi è arrivato il Bataclan, e ha appiccato questo romanzo. In quei giorni tremendi ho capito cosa voleva dire il mio amico.

Nella tua storia si parla anche di libertà. Che cosa è la libertà per te?

 Una condizione insopportabile, da ricercare.

Il mondo della cultura, diciamo, non ne esce molto bene dal tuo romanzo. Sei stata ispirata da qualcuno?

Mi ha ispirato il mondo della cultura, così come lo immaginavo senza avervi mai preso parte. Da quel poco che ho visto, ci sono andata leggera.

Quando hai saputo che La mischia veniva pubblicato, a chi l’hai detto per primo?

Per qualche giorno non l’ho detto a nessuno, poi a mia madre. La reazione è stata epica: “Sì dai, bello, ma poi ti ricordi che devi andare all’INPS?”.

Il commento più brutto che hanno fatto al tuo libro? Il più bello?

Il commento più brutto, in realtà, ha una sua bellezza: “ma è tutto così?” Il più bello è stato il paragone con le imprese della ginnasta del mio cuore, Nadia Comăneci. O chi ha parlato di fiammelle mistiche. Di ufo. Libertà come disciplina. Alcuni lettori mi hanno detto che anche se non mi conoscono mi vogliono bene, il che mi pare grandioso.

Immagina tu fossi una libraia e io una cliente. Devi convincermi a comprare La mischia.

 Guarda che bella copertina. Il romanzo è tipo così, però si muove.

Se dovessi ricevere una recensione per La mischia, chi vorresti che la scrivesse?

 Gastone Novelli.

La tua storia, in molti lo hanno detto, è molto cinematografica. Se La mischia diventasse un film chi vorresti fosse il regista. E come attori?

 Per non tremare e non pentirmene un minuto dopo, l’unico sarebbe Claudio Caligari. Magari dentro i suoi copioni mai girati c’è qualcosa di simile a La mischia. Dentro ci vorrei sicuramente Luca Marinelli, e se potessi Giulietta Masina (bisognerebbe inasprirla un po’). Come lo vedi Sergio Rubini per Luque? Per Germana mi vengono in mente solo delle strafighe, non bene.

La mischia si apre con la voce di Gorane che racconta la sua vita in preda a delle allucinazioni. Ti è mai capitato di pensare che ciò che stavi vivendo, fosse un’allucinazione?

 Oh, sì. E a te?

Credi negli oroscopi? Di che segno sono i tuoi personaggi?

 Non credo negli oroscopi, ma sono bravissima a indovinare i segni degli altri, quindi in qualche modo ci credo. Gorane e Jokin sono Cancro ascendente Cancro con luna in Gemelli (come me); Germana è un Toro che si finge Leone o Acquario, con un sacco di pianeti in Ariete. O forse è Cancro anche lei. I genitori sono due Pesci (ciechi). Dominique non posso dirlo, perché è passato come un personaggio estremamente squallido, anche se non lo è, davvero. Forse ti direi vergine, che è un segno con cui vado molto d’accordo, anche se avete sempre da ridire sui capelli.

Chi sono i tuoi scrittori preferiti?

 Gli scrittori non mi interessano granché. I miei romanzi preferiti sono innumerevoli, mi piace pensare che siano stati tutti scritti da tal Benno von Arcimboldi, detto Rimbaud.

Io insisto e ti chiedo, invece: tra gli scrittori/scrittrici contemporanei, ce n’è uno che ti preferisci in particolar modo?

 Il primo che mi viene in mente è Mathias Énard (puoi dirglielo, se vuoi).

In Italia leggono di più le donne. Ma gli scrittori uomini sono di più. Come mai secondo te?

 Perché l’Italia è un paese sessista. Perché le donne hanno una capacità di autovalutazione molto più raffinata, se scrivono romanzi mediocri lo sanno e evitano di proporli.

Hai mai rubato un libro? Se sì, ti ricordi il titolo?

 Non credo di aver mai rubato libri. Da piccola rubavo frutta.

Se ti dico anni novanta a che pensi?

Spice Girls, MTV, Salopette. Le tipe coi vestiti di marca alle medie. Eiffel 65. Ormoni.

 Tre parole per gli anni settanta?

 Jesus. Christ. Superstar.

Cani o gatti?

 Gatti. E il mio cane. E cavalli. Balene.

Ti sei mai innamorata di un tuo lettore?

 Mai visti. In teoria sarebbero loro a doversi innamorare di me, comunque.

Scrivi a mano o al computer?

 Computer.

Cosa ti fa più ridere?

 Io rido spesso. Una persona che mi fa sbellicare, e di cui si sottovaluta il potenziale comico, è Pier Ferdinando Casini.

Una delle parole che odi di più è …

 Temo di non odiare nessuna parola. Amo invece le parole piene di consonanti, che fanno attrito e ricordano il battere d’ali di un insetto.

Sport preferito?

 Ginnastica ritmica. Quando ero piccola, ogni tanto i miei genitori mi portavano al maneggio e andavo a cavallo per ore. Mi spiace molto di non aver i soldi per farlo regolarmente. A proposito della domanda di prima, una parola che ho dovuto usare spesso e suona estremamente leziosa è “danza”. Per un certo periodo della mia vita l’ho sostituita con “zappare” ed è andata meglio.

Un proverbio che ripeti spesso?

 Nessun proverbio, ma una cosa che mi ripeto spesso è: chi ti ha detto di farlo?

Chi è l’uomo più bello del mondo?

Un mix ben bilanciato tra Vittorio Gassman, Al Pacino, Belmondo, Luca Ferrari e mio padre.

E la donna più bella del mondo?

Una tizia del mio liceo. Una stronza che ha rovinato le nostre vite per sempre.

Qual è un premio che ti piacerebbe vincere?

 A me piace molto vincere soldi. In alternativa, direi il premio Campiello, ma anche il Goncourt andrebbe bene.

Stai lavorando a un nuovo progetto?

 Non ne sono certa. Ho già il titolo e l’epigrafe, non so se è un buon segno. A me pare di no.

Nella tua intervista ideale, che domanda vorresti ti venisse fatta?

 Come ti sei permessa?

a cura di Claudia Borzi 
libraria di Mondadori Eur Roma

 

Blam

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