Venite a prendere Tommaso Renise di Alessio Degli Incerti: un romanzo sul disagio sociale. Recensione
Da una prima analisi, Venite a prendere Tommaso Renise (edito da Giazira Scritture) può sembrare un romanzo di denuncia sociale. Sullo sfondo alla vicenda di Alberto Renise e del padre Tommaso, c’è Roma, segnata dalle lotte per l’assegnazione delle case popolari, dai tumulti che portano all’occupazione abusiva di appartamenti sfitti e dagli scandali della giunta comunale. Ma tra le pagine del romanzo si snoda un conflitto ben più interessante e spietato.
“Era in atto una guerra tra poveri in cui avrebbe vinto chi fosse riuscito a raggiungere il più alto grado di mortificazione.”
Venite a prendere Tommaso Renise: la trama del libro
Dopo un numero estenuante di traslochi, collocazioni precarie e malsane, e affitti esorbitanti, Alberto e il padre Tommaso decidono di occupare abusivamente l’appartamento dove Alberto stesso ha vissuto l’infanzia, rimasto lungamente sfitto durante la loro assenza. Terrorizzato dal reato commesso e dal rischio di essere sfrattato definitivamente dalle forze dell’ordine, Alberto conduce una vita surreale: si barrica in casa in ascolto di continui rumori e voci che potrebbero essere di chi è in procinto di arrestarlo. Nel delirio persecutorio che lo agita, Alberto decide di rinchiudere il padre nell’armadio-stanza che si trova in casa per nasconderne la presenza, e forse salvarlo dallo sfratto.
Il rapporto conflittuale e spietato tra padre e figlio
La cattività a cui padre e figlio si costringono inasprisce le dinamiche irrisolte alla base del loro rapporto. Ben presto Alberto desidererà la reclusione del padre (che non è mai “papà” ma sempre Tommaso) non tanto per proteggerlo, quanto per poterne dominare l’esuberanza, la strafottenza, che incombono su di lui soffocandolo. Ne emerge un rapporto irrisolto, immaturo, profondamente angosciante, che è il nucleo centrale del racconto e che fa comprendere come l’indigenza economica e sociale siano in grado di abbruttire gli uomini, rendendoli opachi, competitivi e infelici.
“Dopo tanti anni i ruoli si erano invertiti: ora ero io a soffocare Tommaso, a impedirgli di vivere la sua esistenza senza condizionamenti. Io il padre e lui il figlio.”
Il disagio economico di una classe dimenticata
Con una prosa tagliente e non priva di sarcasmo, Alessio Degli Incerti punta il suo sguardo di scrittore attento e ben documentato sulle lotte sotterranee che agitano la città eterna: c’è un popolo dimenticato in perenne lotta, centinaia di famiglie disperate, immigrati costretti al lavoro in nero. Dalle pagine di questo romanzo trasuda il disagio, la disperazione, l’ostilità verso le lungaggini assurde della nostra burocrazia e la corruzione di uno Stato mai visto come alleato. Al di là della legalità, la necessità è l’unica logica di sopravvivenza, in un susseguirsi di vicende surreali che metteranno in crisi i principi morali di ogni lettore.
“La povertà non è mai né vecchia né nuova: è povertà. E basta”
a cura di Silvia Ognibene