Premio Campiello 2020: i 5 libri finalisti
Siamo ormai vicinissimi al 5 settembre, il giorno in cui verrà annunciato il vincitore della cinquantottesima edizione del Premio Campiello.
Premio Campiello: la storia
Tra i numerosissimi riconoscimenti italiani, il Campiello si è sempre distinto come marchio di qualità e raffinatezza: il primo a vincerlo fu, nel 1963, Primo Levi con La tregua, e tra i nomi che negli anni se lo sono aggiudicato compaiono Giorgio Bassani, Giuseppe Berto, Gesualdo Bufalino e Antonio Tabucchi. Un premio importante, insomma, nato per iniziativa degli Industriali del Veneto negli anni ’60 con l’obiettivo di contribuire alla promozione della letteratura italiana.
Premio Campiello: la giuria
A selezionare la rosa dei cinque titoli finalisti è una giuria tecnica, composta da critici letterari, scrittori e intellettuali di spicco, ma a determinare le sorti del vincitore è una giuria popolare, formata da 300 lettori di tutta Italia. È questa la maggiore forza del Premio, probabilmente: questo essere vicino ai lettori, a coloro i quali gustano la bellezza delle parole ogni giorno e amano perdersi tra le pagine di una storia.
Il vincitore del Premio Campiello Opera Prima 2020
La 58° edizione del Premio è già stata inaugurata dall’annuncio della vincitrice del Premio Opera Prima, un concorso collaterale che si occupa di segnalare una tra le più promettenti voci esordienti italiane. A esserselo aggiudicato è stata Veronica Galletta, con il suo Le isole di Norman: un libro che abbiamo letto e amato per la sua capacità di raccontare una storia che parla di tutti noi, del passato e del presente, dei ricordi che ci segnano e della necessità di lasciare andare. Un ottimo risultato sia per la scrittrice siciliana che per la casa editrice Italo Svevo: una realtà appena nata che conferma, ancora una volta, la qualità delle scelte di pubblicazione delle case editrici indipendenti.
I cinque finalisti
Tra i cinque finalisti compaiono nomi per tutti i gusti: c’è Patrizia Cavalli, una tra le poetesse più amate del nostro tempo; Francesco Guccini, un poeta anch’egli, a modo suo, che ha costruito una storia dal sapore di una fiaba; Remo Rapino, che aveva già attirato l’attenzione della critica finendo nella dozzina del Premio Strega 2020. E poi ci sono Sandro Frizziero e Ade Zeno: forse le due vere scoperte che questa rosa di titoli ci regala. Entrambi avevano già esordito in passato, ma dei loro nomi non si è mai parlato abbastanza; un vero peccato, se pensiamo che i loro romanzi sembrano avere già conquistato i lettori più difficili.
Premio Campiello 2020: i libri finalisti
Con passi giapponesi di Patrizia Cavalli
Come vi abbiamo raccontato qualche tempo fa, Con passi giapponesi non è esattamente un romanzo, ma una raccolta di scritti, racconti e appunti. Patrizia Cavalli si era già fatta conoscere, in passato, come poetessa, e Con passi giapponesi è la sua prima opera in prosa. La dicitura, tuttavia, non deve ingannare: questi piccoli testi nascondono uno stretto legame con la lirica, con il suo bisogno di lentezza e riflessione. Tra i protagonisti dei racconti ci sono le gattare di un quartiere romano, un uomo che non lava le lenzuola in cui dorme per trattenere i sogni di cui sono impregnate, un antipatico mal di testa. Eppure Con passi giapponesi sembra racchiudere tutto il senso dell’esperienza umana, dei dettagli che ci rendono unici.
Vita, morte e miracoli di Bonfiglio Liborio di Remo Rapino
Bonfiglio Liborio è considerato da tutti un “cocciamatte”, un pazzo, ed è da questa posizione marginale che racconta la sua storia. È una storia fatta di sbavature e imperfezioni, sotto la quale, tuttavia, scorre tutto il Novecento. Con una lingua impastata, che risente dell’influenza meridionale, Rapino ha costruito un racconto vivo e affollato di personaggi quotidiani e pittoreschi: donn’Assunta la maitressa, l’amore di gioventù Teresa Giordani, gli amici operai della Ducati, il dottore Alvise Mattolini, Teté e la Sordicchia. Ma ha dipinto, allo stesso tempo, una storia umana, guardata dal basso: quella che va dal 1926 – l’anno di nascita di Liborio – al 2010. Qui trovate la nostra recensione.
L’incanto del pesce luna di Ade Zeno
Gonzalo è un intellettuale squattrinato, impiegato come cerimoniere al Tempio Crematorio. La sua vita, fatta di abitudini e equilibri, viene sconvolta un giorno qualsiasi, quando la figlia Inès, che ha solo otto anni, cade in un coma profondo da cui sembra non riuscirsi a svegliare. È in questo frangente che Gonzalo riceve la visita di un uomo misterioso, un certo Malaguti, che gli propone un incarico ben retribuito ma quantomeno inquietante: sostentare l’anziana signorina Marisòl, che appartiene a un clan di antropofagi. La scelta è difficile, ma Gonzalo ha bisogno di soldi: prende inizio, così, una storia visionaria e grottesca, che riflette sul bene, sul male e sul confine labile che c’è tra vittima e carnefice.
Tralummescuro di Francesco Guccini
Pàvana è un piccolo paese tra Emilia e Toscana, ormai quasi disabitato: è in questo silenzio che il narratore evoca per il lettore i suoni di un tempo lontano, in cui la terra era viva e laboriosa. Rinascono così personaggi, mestieri, suoni, speranze: gli artigiani all’opera in paese o lungo il fiume, i primi sguardi scambiati con le ragazze in vacanza, i giochi, gli animali e i frutti della terra, un orizzonte piccolo ma proprio per questo aperto all’infinito della fantasia. Tralummescuro è un libro che oscilla tra elegia e ballata, italiano e dialetto, alla ricerca delle parole giuste per nominare ricordi, cose e persone del tempo perduto.
Sommersione di Sandro Frizziero
Sommersione racconta la giornata decisiva di uno dei suoi abitanti – un vecchio pescatore – che sembra essere percorso da un rancore atavico e profondo verso tutto ciò che lo circonda: la vicina con il suo cane; la moglie morta; la figlia a cui interessa solo la casa da ereditare; i vecchi preti dementi ricoverati in un ospizio. Il lettore lo segue da vicino, dandogli del tu, accompagnandolo in questa giornata che sarà decisiva. E si trova, così, ad avere a che fare con l’umanità, con il dolore, con l’oscenità e la violenza, in un percorso stupefacente e inevitabilmente tragico.