Fra Facebook e Giacomo Leopardi, il mondo di Interno Poesia: dal blog alla casa editrice
Non una nicchia dedicata a pochi sparuti e anacronistici lettori ma un settore dell’industria editoriale e culturale con il proprio pubblico e le proprie regole di mercato e di marketing: questo è il mondo della poesia secondo Andrea Cati, fondatore e direttore editoriale di Interno Poesia. Una casa editrice nata pochi anni fa che si è saputa imporre nel panorama nazionale attraverso una strategia coerente e ben definita, tramite la quale i lettori hanno potuto conoscere nuovi poeti contemporanei ma anche riscoprire e riapprezzare “mostri sacri” dell’Ottocento e del Novecento. La nostra intervista a Andrea Cati ha spaziato dalla poesia ai social network, scoprendo che si tratta di universi solo all’apparenza distanti e antitetici.
La vostra casa editrice vede la luce nel 2016. È stato lo sbocco naturale del blog aperto nel 2014?
Sì, è stato lo sbocco naturale alla luce del mio percorso formativo, delle esperienze in ambito editoriale, del desiderio che coltivavo da tempo di dare vita a un progetto di poesia che intersecasse gli strumenti offerti del digitale con la carta stampata.
Da quante persone è costituito il vostro staff?
Sono io il responsabile e coordinatore delle attività di Interno Poesia; con me collaborano alla realizzazione del programma editoriale gli editor Franca Mancinelli, Giulia Martini, Giovanna Rosadini e i traduttori Andrea Sirotti e Giorgia Sensi, oltre a due grafici esterni e ad altri traduttori che propongono altri indirizzi da assegnare alla collana di poesia straniera.
Avete mai pensato di diversificare l’offerta ampliando il catalogo con la narrativa?
Sì, ma la risposta è sempre stata negativa. Il marchio Interno Poesia è un progetto nato per promuovere e divulgare esclusivamente la poesia e tale rimarrà nel tempo. Si sta lavorando a un progetto più ampio che includa anche la narrativa, ma ciò potrà accadere solo fuori dal marchio di IP.
Se doveste definire Interno Poesia Editore utilizzando solo tre aggettivi, quali scegliereste?
Aperta, plurale, indipendente.
Emily Dickinson, Giacomo Leopardi ma anche giovani autori molto meno noti: preferite pubblicare nomi ormai divenuti classici o novità assolute?
Non c’è una preferenza anagrafica o di canone o di epoca storica; l’idea alla base di Interno Poesia è di promuovere tutta la poesia, da quella contemporanea a quella classica, con un unico obiettivo: proporre i poeti che apprezziamo e amiamo leggere come lettori, prima di qualsiasi calcolo o pianificazione.
I vostri profili Facebook e Instagram sono molto attivi e hanno un ampio seguito: quanto conta oggi per una casa editrice “essere social”? E come si concilia un’arte antica come la poesia con la nuova comunicazione web?
La breve vicenda biografica di Interno Poesia racconta di un progetto nato attraverso la piattaforma WordPress, poi esteso sui canali social Facebook, Twitter e Instagram, fino alla creazione di un marchio editoriale. Senza i social probabilmente non esisterebbe Interno Poesia, che è frutto degli strumenti offerti dal mondo contemporaneo; credo che, in generale per l’editoria, i Social network siano un ottimo traino per la promozione dei libri (e della poesia).
Sul vostro sito sono promossi molti concorsi e bandi letterari: sono ancora un ottimo palcoscenico per farsi conoscere dal pubblico e dagli editori?
I concorsi letterari sono una delle tante vie per entrare a contatto con gli addetti ai lavori dell’editoria di poesia, i critici letterari, i grandi poeti contemporanei. La maggior parte dei concorsi letterari sono premi amatoriali assegnati da giurie che poco hanno a che fare con la poesia, per tale motivo è importante per l’autore fare la sua strada e distinguere tra i premi necessari da quelli non necessari.
Vi siete mai pentiti di non aver pubblicato le opere di un poeta che vi aveva inviato le sue poesie?
Sì, è capitato con un’autrice che ha pubblicato con un altro editore ottenendo, tra l’altro, un discreto successo. Siamo stati, come non di rado capita, lenti nella lettura del manoscritto.
Gli italiani leggono poca poesia: un falso mito o una triste verità?
Triste verità contornata, a volte, da un falso mito, ovvero che la poesia non sia un prodotto commerciale, con un mercato di riferimento, con numeri e statistiche precise, a cui applicare strategie di marketing impiegando leve provenienti dall’economia e dal management di imprese e prodotti culturali.
Qual è lo stato della poesia italiana nel 2020?
Domanda immensa. L’anno 2020 è un caso speciale (e speriamo rimanga caso unico), ma in generale la poesia vive un continuo rinascimento incompiuto, claudicante, in perenne ricerca di un posto nel mondo, un esilio editoriale che rappresenta anche la sua forza.
Un poeta e una poetessa italiani del Novecento che ritenete ingiustamente sottovalutati?
Il poeta è Beppe Salvia, la poetessa Margherita Guidacci.
Un consiglio a chi ama scrivere poesie per avere maggiori possibilità di essere pubblicato?
Non esiste una formula magica; tra l’altro, oggigiorno, non ci vuole molto a pubblicare il proprio libro. La questione è porsi domande su ciò che si vuole dalla scrittura in versi, leggere tanto, informarsi e studiare, seguire la propria strada in maniera critica e pensante, non dare nulla per scontato, trattare con rispetto e attenzione tutta la poesia, ascoltare prima di parlare, pensare prima di scrivere. Le regole semplici sono le più complicate ma rappresentano sempre la via migliore da seguire.
a cura di Barbara Rossi