Alessio Forgione: da Napoli mon amour a Giovanissimi. Intervista allo scrittore
Napoli mon amour, il suo primo romanzo, è diventato un’opera teatrale in attesa di essere messa in scena. Giovanissimi, la sua seconda fatica, è fra i dodici libri candidati al Premio Strega 2020 (qui la nostra recensione). Alessio Forgione si conferma una delle voci più interessanti della narrativa italiana contemporanea. Napoletano puro sangue, classe 1986 e uno stile inconfondibile che ha conquistato il pubblico e la critica, a Forgione abbiamo chiesto di parlarci della sua città, dove sono ambientati entrambi i suoi romanzi, di come viene raccontata oggi dai media e di come viene vissuta da chi ci è nato e cresciuto. In attesa di sapere se Giovanissimi sarà tra i cinque finalisti dello Strega, l’autore ci ha rivelato per quale collega scrittore fa il tifo. Ebbene sì, anche in questa occasione il suo cuore batte solo per Napoli.
Entrambi i tuoi romanzi, Napoli mon amour e Giovanissimi, sono pubblicati da NN Editore. Come è riuscito un esordiente a farsi conoscere da una casa editrice così importante?
Ho mandato una mail con il manoscritto di Napoli mon amour e poi le cose sono venute da sé.
Amoresano, protagonista di Napoli mon amour, è un trentenne come te. Qual è il fascino di quest’età di mezzo?
Al momento ti direi nessuno, ma è anche vero che quando ero un bambino non mi sembrava una gran cosa, e pure l’adolescenza non mi è piaciuta e della giovinezza meglio non parlarne. E ad esser sincero, la mia età attuale mi sembra proprio la più insulsa di tutte: le cose scandalosamente belle sono già avvenute e qui e lì salta fuori ancora qualcosa, ma non sembra mai il momento giusto, oppure io non sono in forma.
Marocco, personaggio principale di Giovanissimi, è invece un adolescente. Quali sono stati i tuoi punti di riferimento per raccontare così da vicino un ragazzo di 14 anni?
I ricordi.
Sei d’accordo con quanti hanno definito Napoli mon amour e Giovanissimi come dei romanzi di formazione?
Sì. Però per me tutti i romanzi sono, almeno in parte, dei romanzi di formazione. Oppure sono io che leggo solo quelli.
C’è un filo sottile che lega le due opere: Marco/Marocco era già presente in alcune pagine di Napoli mon amour. Un espediente letterario che vedremo anche nel prossimo romanzo?
Sì, per i prossimi romanzi sarà così. Napoli mon amour e Giovanissimi sono due fermate della stessa linea della metropolitana e non siamo ancora arrivati al capolinea.
Napoli mon amour è diventato uno spettacolo teatrale (ndr la pandemia ha rimandato la prima che si sarebbe dovuta tenere a Napoli ad Aprile). Hai collaborato alla trasposizione e alla scelta degli attori?
No. Mi è stato proposto di modificare l’adattamento, ma non l’ho fatto perché lo reputo perfetto. Spero si recuperi lo spettacolo, prima o poi, perché era una cosa molto bella.
All’inizio di Giovanissimi ci sono due citazioni: la prima tratta da Pinocchio di Carlo Collodi e la seconda da Society is a hole dei Sonic Youth. Le tue fonti di ispirazione sono più letterarie o musicali?
Letterarie. La musica ha avuto un posto importante nella mia vita, per molto tempo, ma ho sempre preferito i libri, perché fanno più male. Quello che mi piace della musica è il suo andare quasi sempre dritta al punto, senza perdersi in troppe chiacchiere, e di sicuro questa cosa influenza il mio modo di fare, tanto nella scrittura quanto nella vita di tutti i giorni. Però, se devo scegliere tra ascoltare un disco o leggere, scelgo leggere e non riesco a fare entrambe le cose assieme.
Napoli è la città in cui sei nato e quella in cui vivi ma è anche lo sfondo dei tuoi romanzi. Cosa regala e cosa nega Napoli ai suoi figli?
Tutto, e il contrario di tutto.
Negli ultimi anni libri, film e seguitissime serie tv hanno raccontato al mondo intero una Napoli violenta e in cui l’associazionismo di stampo mafioso è profondamente radicato. Il quartiere Soccavo di Giovanissimi è molto diverso da questo immaginario collettivo. Cosa pensa uno scrittore napoletano di un simile modo di ritrarre la sua città?
Non è Soccavo ad essere diverso da quell’immaginario, di fatto Soccavo è una periferia a tutti gli effetti. È proprio che quell’immaginario è un immaginario, non per forza una narrazione della realtà. Non ne penso nulla, quindi, perché mi concentro sulla realtà.
“Scrive perché ama leggere e ama leggere perché crede che una sola vita non sia abbastanza” si legge nella tua biografia in Giovanissimi. Che lettore sei? Onnivoro o estremamente selettivo?
Cerco di leggere sempre il più possibile e procedo per fasi, la fase dei russi, la fase dei francesi, degli americani e così via. Scopro un libro che mi piace e da lì parto alla ricerca del prossimo, sperando, ovviamente, di non rimanere deluso.
Giovanissimi è candidato al Premio Strega 2020. Oltre che per se stesso, per chi tifa Alessio Forgione?
Hai già ottenuto importanti riconoscimenti per i tuoi libri ma il Premio Strega mantiene intatto nel tempo il suo fascino. Che cosa hai pensato quando ti hanno annunciato che Giovanissimi era nella dozzina dei finalisti?
L’ho ritenuto un grandissimo onore, perché se guardo ai nomi dei vincitori del passato ne esce una lista piuttosto lunga di scrittori che ammiro totalmente. Spero di non essere fuori luogo e che non si siano sbagliati, ecco.
a cura di Barbara Rossi