Ragazzo italiano, il libro di Gian Arturo Ferrari: rinascita e riscatto nell’Italia del dopoguerra. Recensione

 Ragazzo italiano, il libro di Gian Arturo Ferrari: rinascita e riscatto nell’Italia del dopoguerra. Recensione

Uno dei dodici libri candidati al Premio Strega 2020 è il romanzo d’esordio di Gian Arturo Ferrari. Non un esordio qualunque: Ferrari è volto noto dell’editoria italiana. Ex presidente di Mondadori Libri, editorialista del Corriere della Sera e per parecchio tempo professore di Storia del pensiero scientifico presso l’Università di Pavia.

Lo spessore morale e culturale dello scrittore emerge chiaramente in Ragazzo italiano, il suo romanzo ambientato nel secondo dopoguerra italiano. Storia di un Paese che rinasce, puntando, fra le altre cose, sull’istruzione e la formazione dei suoi studenti più meritevoli. Un messaggio di cui fare tesoro di questi tempi.

Ninni, figlio del dopoguerra: la trama di Ragazzo Italiano di Gian Arturo Ferrari

L’infanzia di Ninni, nato nel 1946, è scandita dalle lunghe estati trascorse nelle campagne di Querciano, in Emilia, protetto e coccolato dall’affetto della nonna materna. Cattolica, maestra alle elementari del paese, ultima rappresentante di una coltura rurale in lento e progressivo declino, la nonna avvierà Ninni all’amore per la lettura e lo studio con tenerezza e un feroce accudimento.

Al paesaggio confortevole e bucolico dell’Emilia, si alternano gli inverni e gli anni scolastici a Zanegrate, in Lombardia, dove Ninni vive con la madre, la sorella minore Lella e il padre, uomo ombroso, duro, votato al lavoro e al progresso. A Zanegrate prima, e a Milano poi, Ninni conosce l’asprezza di una vita scomoda, fatta di continue rinunce, pochi soldi e qualche pregiudizio. Sarà la scuola e in particolare l’incontro con professori di straordinario valore a permettergli di emergere e di scorgere la possibilità di un futuro carico di promesse.

La scuola come strumento unico di riscatto sociale

In un Paese in fase di ricostruzione, la molla di promozione sociale per Ninni, così come per tanti altri ragazzi, è la scuola. Il metodo rigoroso, l’esercizio e lo studio vissuto con sacrifico e abnegazione diventano l’unico strumento possibile di avanzamento sociale, la loro unica possibilità. I capitoli dedicati all’incontro con i professori più ispirati sono emozionanti, galvanizzanti, sebbene non manchi una critica verso quella cricca di intellettuali che spesso maschera la propria natura per rincorrere i cliché di un’epoca.

Il maestro Poli diceva “a noi qui non interessa da dove viene uno, se da una baracca o da un palazzo. In generale ci interessa altro, cosa c’è dentro la sua testa. Quella ci preoccupiamo di arredare. E comunque, più che da dove viene, a noi interessa sapere dove uno va.”

Il dopoguerra italiano

Sullo sfondo delle vicende famigliari di Ninni si delinea la storia dell’Italia del dopoguerra. Prima la povertà, l’asprezza e l’incertezza del futuro poi l’insperato boom economico, con le maggiori possibilità d’acquisto per le famiglie, ma anche la demarcazione di nette disuguaglianze sociali che rischiano di compromettere ogni riscatto. Altra divisione è dettata dall’appartenenza politica, una questione seria, imprescindibile, che distingue partigiani da fascisti, democristiani e comunisti, e comporta lunghe dissertazioni, dibattiti e lotte tra bande di ragazzini.

Con uno stile cristallino ed elegante, Ferrari ci restituisce un’immagine del nostro Paese che ancora vive nei ricordi di molti e che suscita tenerezza e commozione, forse con un pizzico di velata nostalgia.


“Eppure, pensava guardando la sua piccola classe, proprio in quelle notti e in quelle nebbie, in quell’Europa atroce e disperata, loro erano venuti al mondo. Figli della guerra, non c’era dubbio. Ma come nei film inglesi prediletti dalla mamma, anche figli di amori che erano stati grandi, incoercibili.”

a cura di Silvia Ognibene

 

 

 

Silvia Ognibene

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