Il racconto della domenica: Il pozzo di Giorgio Benedetto Scalia
In un tempo antico come la preghiera c’era un paesino arroccato sui monti e popolato da pochi abitanti. Si conoscevano tutti in paese. L’arrotino col fabbro, il panettiere col mugnaio, il lustrascarpe col ciabattino, il contadino con l’ortolano, la filatrice col pecoraio, la levatrice con la balia. Come in un piccolo alveare si aiutavano l’un l’altro. Tutti lavoravano per rendere Pitruna il posto più bello del mondo, ognuno dava il meglio di sé. Ogni padre, da tempi lontani, tramandava al figlio il proprio mestiere. Infatti, ogni cosa era buona e bella a Pitruna. Il pane era il migliore del mondo, il vino il più dolce e rosso, i vestiti i più colorati e caldi. Anche se la terra del monte su cui Pitruna sorgeva non era ricca, i suoi abitanti lavoravano insieme per ottenere i frutti più dolci e le case più accoglienti.
Ma c’era una casa lontana da tutte le altre, dove abitava Magnanu, il più anziano di tutto il paese. Lui era stato l’unico orfano tra quelle valli e non aveva mai imparato un mestiere, né dal padre né dalla madre. Magnanu, così, faceva un po’ di tutto, per quello che le sue mani appassite gli permettevano e al meglio delle sue conoscenze, facoltà e tecniche che aveva appreso poiché costretto dalla vita e dalle sue intemperie, nella solitudine della sua casa, alle pendici del bosco.
La gente del paese non parlava con lui. E di rado se ne ricordava, come per esempio per la sagra delle mandorle o in occasione di qualche festività religiosa. Per tutta la restante parte dell’anno era solo, anche se, e capitava di rado, qualche mamma traboccante di cure lasciava sul ciglio della porta sgarrupata di Magnanu un tozzo di pane o un pezzo di formaggio.
Lui era una leggenda tra i bimbi del paese. I loro genitori raccontavano spesso la storia dell’uomo che non sapeva far niente, dell’uomo incapace di sopravvivere, incapace a leggere e a scrivere, inesperto nella semina quanto nel raccolto. Nulla sapeva far bene, Magnanu, e così nulla di eccellente aveva da offrire in cambio a uno qualsiasi degli abitanti di Pitruna.
Magnanu sono, ho 73 anni e non so fare niente. Gli altri vanno per le strade, io vago tra i boschi di ulivi. Gli altri scambiano un pezzo di pane per un paio di scarpe, io me le faccio da solo le scarpe. Certo, non sono belle, ma sono preziose per me. Però nessuno le vorrebbe da barattare per una lampada a olio. Infatti, sto sempre al buio, io. Vivo come gli animali, con la luce mi sveglio e con il buio mi vado a coricare. La mia luce sono le stelle e la luna, quando c’è. Chissà dove se ne va certe notti, la luna. Per me si butta nel pozzo. Io ho un pozzo qua. C’è da più di cent’anni, me lo ricordo da sempre, da quando ero bambino, ma nessuno lo usa più. In paese ora hanno l’acqua a casa. Che se ne fanno di tutta quell’acqua?
Il pozzo non funziona più da molto tempo e la gente se l’è scordato, come si è scordata di me. Come a me, gli fanno un’offerta una volta tanto. Ci buttano dentro i loro sogni, detti piano piano. Io, che non so fare niente e una famiglia non l’ho avuta mai, tiro su e giù il secchio nel pozzo. Gli altri pensano che io sono pazzo e scemo, e ridono. Ma io non me la prendo e rido pure io. Loro mi dicono: «Magnà, che cerchi nel pozzo? Niente c’è, scimunito!».
In effetti era proprio così: nulla giaceva nella pancia di quel pozzo, solo il buio lo abitava. Ma Magnanu, imperturbabile e caparbio, tirava su e giù il secchio ogni giorno, non appena l’aurora splendeva nella rugiada mattutina. Poi tornava alla sua vita, al suo vagabondare boschivo. Gli uccellini erano i suoi migliori amici, come loro mangiava poco e spesso, come loro abitava in una casa di fascine e fischiettava all’oro dell’alba. Magnanu adorava soprattutto le rondini, che sulle loro ali portavano la primavera, che a lui piaceva tanto perché riempiva il bosco di tante cose buone, infoltiva i cespugli di bacche, gli alberi di frutta e la terra di erbe aromatiche.
Ogni volta che vengo qua, al pozzo, sto bene io, mi pare di pregare. Una magia è. Io vengo qua e pesco i sogni della gente, li tiro su col secchio e poi me li sento tutti. È così bello! C’è chi desidera Pina, chi vuole maritarsi con Salvatore, chi vorrebbe una casa più bella e chi vorrebbe più da mangiare. Vogliono tutti cose o persone. La gente del paese strana è…
Un giorno me ne stavo per andare, quando un uccellino cadde dal cielo e cascò dentro il pozzo. Mi spaventai! Povero uccellino, annegherà in quel mare di desideri. Sa volare ma non è capace a nuotare, sicuro! Lo devo prendere. Butto il secchio una volta, due, tre, cento volte, ma l’uccellino non risale. È morto! Mi sono messo a piangere e con le lacrime ho pregato: «Salva l’uccellino! Mai niente ti ho chiesto, pozzo vuoto. Ti prego, salvalo! Deve volare ancora. Questo è il mio desiderio!».
Gridò nel pozzo, e la luna spuntò. La rondine annegata la bucò con un guizzo di piume giocoso e spirale, e cantò di un verso che sembrava quel primo pianto che apre alla vita. Magnanu rise contento. Era riuscito a salvare il suo amico piumato. Batté le mani, si mise a saltare e a rincorrere la rondine che gli volava attorno e fischiava per lui di un canto dolce che aveva le note di un “grazie” sincero, mentre dal fondo del pozzo traluceva il lume della luna.
Fui io a vederlo, quando ero ancora un bambino e abitavo a Pitruna. Così corsi in paese e raccontai a tutti ciò che avevo visto.
Da quel giorno la gente di Pitruna cambiò la storia su Magnanu, che morì poco dopo, e cominciò a raccontare ai propri figli la storia dell’unico uomo in tutta la valle che aveva imparato a sognare per davvero e che, con la fede del suo sogno, aveva resuscitato l’amico uccellino e portato la luce in fondo al pozzo.
Giorgio Benedetto Scalia
Giorgio Benedetto Scalia ha 28 anni e quattro anni fa si è diplomato all’Accademia Nazionale del Cinema di Bologna in regia e sceneggiatura. A giugno del 2019 si è diplomato alla Scuola Holden di Torino, college Scrivere. Poco prima del diploma ha vinto un concorso per la scrittura di uno spettacolo teatrale su Fred Buscaglione, dal titolo Fred dal whiskey facile. Ha ricevuto una menzione al concorso Premio InediTo 2019 con la sceneggiatura del suo cortometraggio GARAGE. Alcuni dei suoi racconti sono stati pubblicati su Neutopia (Il trofeo), su Il Bestiario degli italiani, n°10 (Ho ucciso un turista), su Lunario (Il sacrificio), su Spazinclusi (Oggi interroghiamo) e su L’Irrequieto, n°58 (Nenia).