La vita è un po’ come giocare a Tekken: «Combo» è il racconto di Francesco Di Gennaro

 La vita è un po’ come giocare a Tekken: «Combo» è il racconto di Francesco Di Gennaro

Il mio amico Claudio continua a giocare a Tekken. «Ehi,» dico, «sono qui. Mi ascolti?»

Poi faccio ad Antonella, la sua ragazza: «Ma che gli è preso?».

«E che ne so» dice lei. «È lì da ore e non ha neanche mangiato. Io devo andare al lavoro, che se arrivo tardi e fanno questioni poi va a finire che mi licenziano pure e voglio vedere poi come paghiamo st’affitto di merda.» I due vivono insieme da poco. Una convivenza nata così, per gioco. C’era questa necessità di affrontare la vita vera. Fatta di rinunce e sacrifici ma anche di amore. Così mi ha detto Claudio, che continua a giocare a Tekken. Sta strizzando il controller mentre sferra una combo in una partita classificata. Non è neanche fatto.

«Sei sicura che non ha fumato?»

«Sicura» fa lei. «Lo sai pure tu che quando fuma è molto più simpatico. Invece ora… Si vede che non ha preso niente. Ti ho detto, neanche la cena.»

Scendo un attimo giù al supermercato a prendere patatine piccanti, un paio di Guinness e una Monster.

«Guarda che ho qui» dico a Claudio. «Ti va di mischiare Guinness e Monster? Come nel meme che ti ho mandato ieri. Facciamo una Gonster. Avanti bello, vediamo se fa veramente schifo.»

Di recente io e Claudio abbiamo ripreso a mandarci video scemi presi un po’ ovunque sui social. Ce ne mandiamo a centinaia. Sembra uno scambio tennistico. Un botta e risposta di stronzate generate da altre persone. Ma che essenzialmente ci fanno ridere. La risata è implicita. Nascosta sotto una pioggia di like.

Antonella prende i bicchieri e io verso il miscuglio verde marrone in parti uguali. Solo a questo punto Claudio fa: «Cazzo. Merda. No… Non di nuovo…» lancia il controller contro il muro. «Come ho fatto a perdere ancora? Ero lì lì per vincere…» si rivolge a me, finalmente: «Hai visto, no? Era una combo micidiale».

«Sì ho visto, però non era il caso di spaccare il controller con le unghie» tolgo un pezzo di plastica dal suo bicchiere di Gonster e aggiungo: «Cosa c’è che non va, bro?».

Ma lui torna muto, si alza, mette la giacca ed esce di casa.

«Dove va?» dico ad Antonella.

«Non mi interessa. Io mi preparo che tra poco mi vedo con delle amiche.»

«Ma non dovevi andare al lavoro?»

«Sì, però dopo lavoro esco anche con le amiche.»

Mi dice tutto questo mentre finisce di truccarsi allo specchio.

La lascio lì, e vado a recuperare Claudio. Lo ritrovo un paio di isolati più avanti. È seduto al tavolo di un bar. Ha ordinato una Guinness e una Monster. Le sta mischiando in un bicchiere. Il tempo di sedermi accanto a lui che fa per alzarsi di nuovo. Prima però sorseggia dal bicchiere e dice:

«Comunque fa davvero schifo. Prese singolarmente sono buone ma sono due gusti differenti. Questo marrone e verde che non si mescolano, fanno un certo effetto. Piacevole in estetica ma combinati… bleah. Farebbero meglio a starsene da soli. Ognuno per conto proprio. Come del resto sono stati concepiti».

«Ma che ti prende?»

«Sono morto nel gioco» fa lui, «e vorrei morire anche ora.»

«Stronzate.»

«Come?»

«Che importa?» dico. «Accadrà comunque.» Torniamo nel suo appartamento che Antonella se n’è già andata.

«Giochiamo?»

«Okay, ma solo se è Tekken» dico.

Spaparanzato sul divano mi lascio distruggere dal mio amico. Le sue combo sono davvero micidiali. Penso a chi è più forte di lui on line e a quanto siano realmente forti quelli che hanno il coraggio di iscriversi e partecipare ai tornei.

«Sei scarsetto» fa lui.

«Lo so, ma anche tu in confronto ad altri on line.»

Quest’ultima cosa non la dovevo dire.

«Altri ahah,» dice, «vero, ci sarà sempre qualcuno migliore di me.»

«E di me anche» dico per rimediare.

«Certo ma il fatto è che noi siamo noi. Tu non ti stanchi mai di dimostrare alla gente?»

«Ho smesso da un po’.»

«Fatto benissimo. Vorrei provarci anche io ma sono le connessioni che ti fottono. Capisci? Passa il tempo, accumuli e poi hai paura di perdere.»

«Come nel ranking globale di Tekken?»

«Uguale» fa lui. «Prendi punti, sali in classifica e poi vorresti restare dove sei o salire un po’ di più. In tutto questo c’è però l’ansia di non farti scavalcare.»

La luce del monitor ci tiene svegli fin quando riusciamo a lottare, cadere e vincere contro il resto del mondo e poi decidiamo che ci siamo rotti le palle e appendiamo tutto. Antonella la sentiamo rientrare verso le cinque di mattina. E Claudio assonnato si gira verso di me per dirmi: «Avevi ragione, accadrà comunque». Prende i suoi vestiti sparsi in camera da letto e li ficca tutti in uno zaino. Antonella posa le chiavi nello svuotatasche all’ingresso, lo vede prepararsi e fa lo stesso. Apre un altro zaino. Quello che ha usato per andare al lavoro. Lo riempie di magliette, reggiseni e mutande. Lei è più veloce di lui. Mi saluta al volo con un «ciao» che sembra più indirizzato alla casa che a me e infine va via.

Il gioco è rimasto in pausa per tutta la notte come i cocci di plastica del controller ancora disseminati per terra. Claudio si scola le ultime due Guinness farfugliando: «Meglio queste che la Monster».

Era meglio continuare a morire on line.

Francesco Di Gennaro

Blam

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