Erri De Luca: chi è lo scrittore? Dai libri alla vita privata, in 5 parole

Ritratto illustrato di Sonia De Nardo
«Io non sono Erri De Luca, mi chiamo così. Tengo a bada il nome, perché sono molto frequentato. Ognuno di noi è molto più che una persona sola, anche se poi ci si rassegna». Erri De Luca nasce a Napoli nel 1950. Viene chiamato Harry, nome che lo lega alla nonna americana e che più tardi naturalizzerà in Erri perché «è una tortura infernale spiegarlo a un napoletano». Scrive appoggiato dappertutto meno che a un tavolo: ha imparato a scrivere per terra in ginocchio quando lavorava a Catania e alloggiava nello spazio ristretto di una foresteria assieme ad altri operai. Le sue storie vengono da un passato verso il quale sente di aver avuto una mancanza: attraverso la scrittura conferisce così a quel tempo andato una seconda possibilità, risarcendo quel valore umano che gli era stato sottratto.
Erri De Luca: chi è lo scrittore in 5 parole
Napoli
Napoli non è solo il luogo geografico in cui è nato, ma anche l’ambiente che lo lega agli affetti familiari più profondi. In questa città acustica e perennemente sveglia, in un vicolo pieno di frastuono, Erri cresce nutrendosi dei libri del padre; questi erano distribuiti lungo le pareti di uno stanzino e fungevano da «materiale isolante», ma anche protettivo e cordiale, adatto al suo temperamento chiuso. Erri si forma attraverso la lettura di libri classici destinati agli adulti e così scopre i grandi temi dell’esistenza prima di farne viva esperienza. Nella casa paterna Erri sente anche storie di migranti, unite a quelle di fantasmi e di presenze occulte. Questa «educazione sentimentale napoletana» (così la definisce nel suo pamphlet La parola contraria del 2015, edito da Feltrinelli) gli permette di vivere ogni storia che lui ascolta come esperienza fisica che passa attraverso di tutti i sensi. È in questo contesto che forgia il suo carattere: introspettivo, appassionato, profondo esploratore dell’animo umano e della parola. Napoli emerge prepotentemente in gran parte delle sue opere fin dagli esordi, come in Non ora, non qui (Feltrinelli, 1989) in cui descrive la sua infanzia partenopea ed esprime la sofferenza per un passato che non c’è più; più tardi con Montedidio (Feltrinelli, 2001), Erri racconta la Napoli degli anni Cinquanta attraverso la voce di chi vive nei quartieri più poveri della città. Descrive la loro fatica di lavorare, crescere e relazionarsi in un ambiente che, seppur ostile e doloroso, riesce a lasciare spazio alla poesia della vita.
Poesia
«Chi ha fatto il turno di notte per impedire l’arresto del cuore del mondo? Noi, i poeti». Con questo incipit, Erri De Luca apre la raccolta di poesie dell’amico e poeta bosniaco Izet Sarajlić, Chi ha fatto il turno di notte. Durante l’assedio di Sarajevo i cittadini si incontravano di nascosto, nel cuore della notte, a recitare versi per sconfiggere la paura della guerra. Il turno di notte rappresenta un momento di introspezione in cui si fanno i conti con le proprie paure e si cerca allo stesso tempo di sublimarle: le poesie sconfiggono il buio della notte e quello dell’anima. L’amicizia tra i due autori nasce e si sviluppa proprio nel periodo del conflitto bosniaco, mentre Erri partecipava attivamente ad alcuni eventi di solidarietà a favore delle popolazioni colpite. Questo non rappresenta però l’unico legame fraterno e sodalizio artistico e poetico per lo scrittore napoletano: ne è prova il forte legame d’affetto con Gianmaria Testa, cantautore e musicista. L’amicizia anche qui scaturisce da una profonda comunanza di ideali: per entrambi la musica e la letteratura possono essere strumenti potenti per raccontare storie di vita, di lotta e di speranza. Il comune denominatore di questi tre artisti è la loro fede incondizionata nella responsabilità della parola come impegno civile. Seppure Erri De Luca abbia scritto prevalentemente narrativa, tuttavia, la sua è una prosa lirica, frutto di un lavoro attento, da orefice creativo che ama le parole e le cesella ad arte. Esprimersi attraverso il linguaggio poetico per lui è una necessità, un’urgenza, perché la poesia è il «formato da combattimento della letteratura». Infatti, come afferma lui stesso: «La poesia non è una sviolinata al chiaro di luna, ma un pronto soccorso, un bordo al quale aggrapparsi durante la tempesta».
Disobbedienza
«Nel mio vocabolario personale alla parola “indifferenza” ho scritto: disturbo della percezione per cui non si riesce a distinguere la differenza tra realtà e messinscena. Si assiste […] ad una violenza […] da spettatori. Non si è mai visto infatti uno del pubblico che salti in palcoscenico per impedire a Otello di uccidere Desdemona! Chi si crede spettatore si gode lo spettacolo». La voce è contenuta nel libro Alzaia (Feltrinelli, 1997). Qui Erri De Luca spiega quello che per lui significa vivere sulla propria pelle l’impegno della vita: non come esseri indifferenti, ma come persone responsabili e attive, uomini e donne che non si limitano a essere semplici spettatori, ma che si sciacquano gli occhi col «collirio di don Chisciotte» e prendono parte alla vita reale. Erri De Luca non è solo un autore che dà spazio alla parola, ma è un protagonista del suo tempo perché ciò che avviene nella realtà non sfugge al suo occhio attento. L’ingiustizia, prima di tutto, non solo nei confronti dell’essere umano, ma anche dell’ambiente e della società, è una delle sue battaglie. A chi lo segue lui insegna che in certi casi la disobbedienza civile è un obbligo e una necessità. Il motto di vita di Erri De Luca è da lui stesso sintetizzato in questa frase di Rabbi Tarfon: «Non sta a te completare l’opera, ma non sei nemmeno libero di sottrartene».
Parola
Erri De Luca prova per ogni parola un senso di ammirazione: non esiste significato scontato di un termine e su ognuno di questi lui indaga. A ogni vocabolo corrisponde per lui una biografia della parola che ci permette di capirne la storia. Ha studiato da autodidatta l’ebraico antico, affascinato dalle storie dell’Antico Testamento. Traduce al mattino «solo un rigo alla volta, dopo un’adeguata dose di caffè». A lui si deve la scoperta di numerose inesattezze nelle traduzioni di questa lingua. Il suo metodo non prevede l’uso del vocabolario, bensì un approfondito confronto tra i diversi contesti d’uso in cui una determinata parola ebraica viene adoperata; alcune delle sue rivelazioni linguistiche sono talmente serie che a oggi un editore che pagasse quel traduttore lo licenzierebbe immediatamente! Grazie a lui si è scoperto per esempio che la parola ebraica «’etzev» riferita al parto, non si esplicita in una condanna al dolore come vorrebbero le traduzioni ufficiali. La parola sta per «sforzo». Alla donna dunque non era stato inflitto alcun supplizio divino aggiuntivo se non quello della fatica naturale del parto: «In sforzo partorirai figli» (e non: «Tu partorirai con dolore»). La parola per lui è legata anche alla sonorità, al ritmo della voce di chi la pronuncia. Da anni Erri De Luca si occupa della rubrica A Schiovere per «Il Corriere del Mezzogiorno» (poi divenuta un libro nel 2023): qui passa in rassegna i vocaboli della sua lingua madre, il napoletano. Si serve della forma scritta per rivelare il significato intimo, emotivo, personale di parole che fanno parte del corredo della sua infanzia.
Montagna
La montagna per Erri De Luca rappresenta un luogo di riflessione, solitudine e allontanamento dalla presenza umana. È un’esperienza fisica: qui il corpo prende potere sulla mente; ma è anche il tempo della contemplazione, in cui si instaura un rapporto intimo con la natura. Erri frequenta la montagna da ospite, senza fare rumore, a piedi nudi, tanto che per compiere le sue scalate non usa nemmeno le scarpe, ma dei calzari che gli permettono di avere i piedi e le dita libere. Molte delle sue narrazioni (come Il peso della farfalla del 2009 o Sulle tracce di Nives del 2005, entrambi editi da Feltrinelli), sono ambientate in montagna poiché sono strettamente legate alla sua esperienza diretta come alpinista: è in questo genere di pratica che Erri ritrova quella stessa disciplina, quel coraggio e quella fatica fisica che lo hanno forgiato durante gli anni in fabbrica. Tra i suoi racconti di recente pubblicazione l’elegia della montagna torna a essere presente: Discorso per un amico (Feltrinelli, 2024) è il libro dedicato alla guida alpina Diego Zanesco, scomparso per arresto cardiaco nel 2023 mentre scalava la Tofana di Rozes. È la storia di un’amicizia profonda, la loro, che si è formata attraverso le arrampicate, la condivisione di letture, di scambi di lettere, taccuini e di riflessioni intime e schiette sui grandi temi della vita. Con questo libro, Erri De Luca non solo restituisce all’amico Diego anima e corpo, ma invita i lettori su quelle stesse vette che hanno la forma di un’alleanza, in grado di superare ogni confine, anche quello della vita stessa.
Erri De Luca: i primi libri da leggere per conoscere questo scrittore
- Non ora, non qui, Feltrinelli, 1989
- Alzaia, Feltrinelli, 1997
- Montedidio, Feltrinelli, 2001
- Sulle tracce di Nives, Feltrinelli, 2005
- Il peso della farfalla, Feltrinelli, 2009
- A Schiovere, Feltrinelli, 2023
- Discorso per un amico, Feltrinelli, 2024
A cura di Oriana Rodella