“Nelle mie illustrazioni leggo una malinconia di fondo”, intervista alla giovane illustratrice Linda Demichelis

 “Nelle mie illustrazioni leggo una malinconia di fondo”, intervista alla giovane illustratrice Linda Demichelis

Ha solo 22 anni la nuova illustratrice di Rivista Blam!, Linda Demichelis. Studentessa di Lettere e disegnatrice per passione. Nel mese di febbraio illustrerà i racconti della rivista. Ma da dove nasce questo interesse per le immagini? Ci racconta tutto in questa intervista.

Chi è, cosa fa e dove vive.

Mi chiamo Linda Demichelis, ho 22 anni e studio Letterature comparate all’università di Torino. In parallelo coltivo la mia passione per l’illustrazione e il disegno.

Come definirebbe il suo stile?

Mi è stato detto che la mia mano digitale e la mia mano tradizionale sembrano appartenere a due persone diverse. Se nei miei taccuini di viaggio cerco di catturare un’atmosfera calda e nostalgica, nel digitale prediligo forme nette e pop dai colori freddi che assemblo come in un collage. Nelle mie illustrazioni leggo una malinconia di fondo. Mi piace romanticizzare il quotidiano: le mie muse sono gli ambienti e gli oggetti che diamo per scontati.

Che bambina è stata?

Sono sempre stata spinta da un’urgenza creativa: il mio primo amore è stato il teatro, poi la scrittura e il disegno. Ricordo di aver cominciato a esercitarmi nel disegno a partire dall’asilo, dopo aver fatto un autoritratto che non mi soddisfaceva. Da quel momento disegnare è diventato il mio gioco preferito. La lettura ha sempre avuto un ruolo chiave nel mio processo creativo: più leggevo, più disegnavo. Credo che sia ancora così.

Cosa c’è sul suo piano di lavoro?

Di tutto. Ma nel mio caos ordinato gli strumenti che cerco di più sono i miei taccuini, le penne stilografiche, gli inchiostri, gli acquerelli e dei pastelli a olio economici. Quando illustro in digitale, la mia tavoletta grafica, che quest’anno compie dieci anni, e il mio pc. In ogni superficie libera vedo un potenziale piano di lavoro.

Come imposta il suo lavoro? Fa degli schizzi su un taccuino dopo un guizzo di ispirazione, idea che si ha degli illustratori nell’immaginario comune?

Spesso riesco a visualizzare con chiarezza le mie idee. Ma quando le idee non si accendono subito, uso le parole chiave del racconto o del brief come punto di partenza per un brainstorming di collegamenti e concetti legati ai temi d’interesse. Dopo alcuni schizzi preliminari a matita, seleziono i miei preferiti e cerco delle immagini di reference per farmi ispirare da colori e stili per il definitivo. Mi capita spesso che la prima idea sia quella buona.

Qual è la richiesta più strana che le hanno fatto?

Non ho ancora ricevuto una richiesta veramente strana, ma spero presto.

Ci racconti brevemente i progetti a cui hai lavorato e di cui va fiera?

Durante il mio Erasmus in Scozia ho avuto il piacere di esporre una mia illustrazione al caffè-galleria Alchemy Experiment di Glasgow. Un progetto personale che sto finendo e che mi sta particolarmente a cuore è il taccuino di viaggio che racconta i miei nove mesi in Scozia.

Se fosse un quadro famoso, quale sarebbe e perché?

Sarei Monumento ai giocattoli di A. Savinio. Una montagna multiforme e colorata che a volte si prende troppo sul serio.

Tre illustratori che l’hanno illuminata sulla via di Damasco…

Carson Ellis, Stephanie Bower, Carlo Stanga. Menzioni speciali: Alasdair Gray, Stefano Faravelli.

Blam

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