Raccontare la crisi d’identità fra chi si era e chi si è diventato: “Brucia l’origine” è l’ultimo libro di Daniele Mencarelli. Recensione

 Raccontare la crisi d’identità fra chi si era e chi si è diventato: “Brucia l’origine” è l’ultimo libro di Daniele Mencarelli. Recensione

Esplorare l’animo umano è uno dei tratti caratterizzanti la poetica e l’opera di Daniele Mencarelli dalle prime sillogi fino ai romanzi di successo come Tutto chiede salvezza (Mondadori, 2020) e Fame d’aria (Mondadori, 2023). E così pure nel suo ultimo libro, Brucia l’origine (Mondadori, 2024), Mencarelli racconta la ricerca forsennata di un’identità divisa in due tra affetti e lavoro, e tra Roma e Milano. Qui il protagonista è un quarantenne che sa cosa è stato, ma non sa cosa è diventato.

Brucia l’origine di Daniele Mencarelli: trama del libro

Gabriele Bilancini è un designer di successo. Romano d’origine, dopo la laurea si trasferisce nel capoluogo lombardo per realizzare il sogno, coltivato fin da bambino, di disegnare, progettare per lavoro. Ed è così che, fra un po’ di gavetta e un po’ di fortuna, riesce a entrare in uno degli studi di design più noti d’Italia. Tutto va per il verso giusto: è stimato dal suo capo, e ha trovato anche l’amore, Camilla, milanese e figlia del suo datore di lavoro. La vita a Milano è avviata da tempo: Gabriele, a quarant’anni, è un uomo sicuro, con una posizione lavorativa di pregio e la sua fama è nota anche ai giornali. Tutto sembra andare bene fino a quando, dopo quattro anni di assenza da Roma, la sua città d’origine, non torna per l’anniversario di matrimonio dei suoi genitori. La crisi d’identità comincia da subito, dal pranzo al ristorante con i familiari dopo l’arrivo: «Taglieri? Te sei proprio milanesizzato, ’o senti papà? Qua se chiama ancora antipasto, non stai a via Montenapoleone al ristorante Piccola Sardegna di via Sofia, quartiere Don Bosco, dove da sempre la famiglia Bilancini festeggia quando deve festeggià», sentenzia la sorella. Gabriele viene da una famiglia umile: madre casalinga, padre meccanico, sorella parrucchiera. E per loro, Gabriele è un orgoglio. Eppure non torna da quattro anni. Comincia da lì la travagliata ricerca del posto giusto in quel mondo che Gabriele ricorda con nostalgia ma che non gli appartiene più. A casa, vivrà incontri inaspettati, come quelli con Marcello, Cristiano e Francesco, suoi amici di sempre ma persi di vista dopo la partenza per Milano. Loro sono rimasti lì, fermi per sempre a cercare di arrabattare qualche soldo, curare una madre malata, sopravvivere. Gabriele sembra non riconoscerli più, ma anche tutti i suoi amici non lo riconoscono più e gli rimproverano di non sapersi più divertire, di essere ormai un ricco snob, che ha «fatto i soldi» e si è scordato di loro.

La crisi di identità di chi va via

Brucia l’origine è un libro per chi vuole ritrovarsi, per chi ha abbandonato tutto e si è reinventato in altre vite costruendosi madri putative, come una nuova città, una nuova casa, nuove amicizie, e soprattutto, nuovi valori. Ma dopo che tutto è cambiato, come può essere il ritorno?

La dualità identitaria tra il qui e il lì è dolorosa per Gabriele che si muove fra bugie – mente alla fidanzata Camilla sulla situazione poco agiata della famiglia d’origine e mente a sua madre sul suo stare bene a Roma –, nostalgia di un passato che non esiste più – e non sa se vuole ancora –, e libertà di una nuova vita che si è scelto – e non sa più riconoscerla come sicura.

A Roma, Gabriele torna all’origine dove tutto è rimasto com’era, immobile: Marcello è sempre Marcello Bello, Alessia è sempre la sua cotta adolescenziale (almeno per lei), il bar e i pomeriggi trascorsi sono sempre uguali, così come uguale è la sua città, Roma: storta, bastarda, dolorosa.

Quando ci si divide in due ricomporsi è difficile. Gabriele si sente sempre fuori posto. Non riesce più a essere un figlio da proteggere, ma vuole proteggere la famiglia (anche solo portando la spesa); non riesce più a essere un fratello spensierato, ma vuole risolvere i problemi finanziari e lavorativi della sorella, come dovrebbe fare un padre; non riesce più a essere un ragazzo di periferia perché la lingua romana gli pesa, i discorsi provinciali gli pesano. Una storia, questa, fatta di contrasti e divisioni che agitano l’animo di Gabriele, incapace di scegliere chi essere e da quale parte andare.

Stile di Daniele Mencarelli in Brucia l’origine

Chi conosce Daniele Mencarelli scrittore sa che, a fine lettura, non può esserci mai un dubbio, mai un finale sospeso, mai un’incertezza: tutto è raccontato in modo dettagliato, attraverso passaggi letterari così descrittivi da rendere facile immaginare ogni particolare di scena, persino immaginare la disposizione al bar degli amici, o quella a tavola dei familiari. La dualità che ricorre lungo tutto il romanzo non si rinviene solo nelle scelte non-scelte del protagonista, ma anche nella lingua, che da un lato è sporcata da espressioni dialettali in romanesco, soprattutto quando a parlare sono coloro che appartengono alle origini e al passato di Gabriele, dalla famiglia, agli amici, al barista; e dall’altro lato da Gabriele, che si avvale di un linguaggio, ora che vive a Milano, tutto suo, a partire dal quale ha ridefinito anche sé stesso, ciò che ha lasciato, ciò che è e che potrebbe essere.

 

A cura di Antonella Dilorenzo

Antonella Dilorenzo

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