Quando aiutare il prossimo può avere conseguenze inaspettate: «I lama» è il racconto di Gaia Donati
Lina sa perché fa il lavoro che fa. La madre le disse: «È una scelta sicura, la gente certo non smetterà di fare figli». In bocca ad altri avrebbe potuto essere una battuta, ma la madre di Lina non scherzava. Dalla madre, Lina ha ereditato due tratti importanti della sua personalità: una calma incrollabile e una totale assenza di umorismo. La prima qualità l’ha aiutata nel suo percorso di formazione da educatrice per l’infanzia. Molti insegnanti, infatti, hanno scambiato la sua faccia appena espressiva come un segno di maturità e solidità emotiva. Lina non ha confermato né refutato queste impressioni – le opinioni degli altri non le interessano granché.
A Lina piacciono molto gli animali. Vive con due cani che porta regolarmente nella foresta per lunghe passeggiate. Quando torna dal lavoro, stanca e ancora assordata dal clamore dei bambini, i cani la accolgono scodinzolando come se le avessero già perdonato l’assenza.
Lina preferisce gli animali ai bambini di cui si prende cura all’asilo, ma questo non lo direbbe mai a nessuno, nemmeno a sua madre. Anche per questo, ai tempi in cui viveva a Zurigo, Lina era felice quando l’asilo proponeva di portare i piccoli allo zoo. Ci andavano almeno una volta ogni due mesi, e anche i genitori dei bambini erano entusiasti di quelle gite. Tutte le volte i bambini erano eccitati sia all’andata sia al ritorno, e quando i genitori tornavano a prenderli Lina sapeva che le domande sarebbero state sempre le stesse: hai visto le scimmie? E i lama mangiavano o dormivano? Ti sono piaciuti di più gli elefanti o i fenicotteri?
Quel mercoledì di aprile era iniziato come un giorno qualsiasi: Lina e una collega avevano preparato i passeggini e le borse termiche con tutto l’occorrente per il pranzo allo zoo. Quando tutti i bambini erano arrivati, avevano mangiato un po’ di frutta ed erano stati cambiati, il gruppo si era finalmente messo in marcia. Allo zoo avevano fatto il solito giro e poi avevano trovato un posto dove fermarsi per far pranzare i bambini, alcuni dei quali avevano iniziato a chiedere da mangiare prima ancora di entrare allo zoo.
I più piccoli si erano addormentati nel passeggino subito dopo pranzo: Lina e le colleghe avevano proposto ai bambini ancora svegli e pimpanti di tornare a far visita agli animali che preferivano. Tra chi voleva rivedere i suricati e chi i lama, si era deciso di andare da entrambi. Arrivati di fronte alla recinzione dei lama, la piccola Elsa aveva chiesto a Lina: «È vero che i lama sputano se si sentono in pericolo? Lo dice mio cugino che vive a Ginevra». Lina aveva alzato le spalle e le aveva risposto: «Non lo so, ma qui credo che si sentano protetti».
Uno dei bambini si era svegliato piangendo e aveva fatto la cacca, così Lina si era offerta di cambiarlo nel passeggino. Stava chiudendo i bottoncini del body quando qualcuno urlò alle sue spalle. Si girò: le colleghe stringevano a sé alcuni dei bambini; un adolescente si copriva la bocca con una mano e una donna – doveva essere stata lei a urlare – puntava il dito alla destra di Lina; tutti, dito indice compreso, erano rivolti verso i lama. Lina aveva seguito con lo sguardo il dito della donna fino ad arrivare a Elsa che, con la pettorina catarifrangente e gli stivali di gomma blu, camminava lenta e risoluta nel recinto verso un lama bianco intento a mangiare.
Lina, senza scomporsi, aveva assicurato il bambino appena cambiato nel passeggino e si era guardata intorno per capire da dove fosse entrata Elsa. C’era un punto in cui la recinzione sembrava aver ceduto. Mentre andava verso quel varco, Lina aveva detto a Saskia: «Lascia tutti i bambini con Astrid e vai a cercare la sicurezza». Non aveva usato un tono allarmato: lo aveva detto come avrebbe potuto dire altro. Lina non si era chiesta se fosse una buona idea seguire Elsa nel recinto. Non sapendo quanto tempo sarebbe passato prima che arrivassero i soccorsi, si era detta che doveva tentare di portare la bambina fuori senza aspettare. Aveva raggiunto Elsa, che non l’aveva vista arrivare, l’aveva presa da dietro e sollevata da sotto le ascelle. Elsa si era già avvicinata al punto da creare scompiglio tra i lama, uno dei quali le aveva puntate deciso; tutti, senza più distinzione tra umani e lama, urlavano.
Sia Lina sia Elsa si erano ferite durante la fuga dal lama che le aveva attaccate. Ferite leggere, nulla di grave. Nessuna delle due era riuscita a verificare se il lama avesse sputato durante la sua carica. Il personale dello zoo era arrivato appena in tempo per scortarle fuori dal recinto e ripristinare la calma. A tutti, adulti e bambini – inclusa Elsa –, era stato ordinato di tornare all’asilo tranne che a Lina. A lei era stato chiesto, anzi intimato, di restare fino all’arrivo della polizia. Le avevano spiegato che faceva parte del protocollo di sicurezza in casi del genere. La polizia le aveva chiesto di descrivere il fatto il più dettagliato possibile. Avevano voluto sapere della sua vita personale e delle sue qualifiche. Lina aveva risposto e aveva chiesto a che ora sarebbe riuscita a rientrare a casa. Si preoccupava per il suo cane – all’epoca ne aveva uno, affettuoso e poco incline a essere lasciato solo –, ma questo non lo aveva aggiunto.
La polizia l’aveva informata che avrebbero contattato la direzione dell’asilo e i genitori della bambina penetrata nel recinto – avevano detto proprio così, penetrata – e Lina aveva annuito inespressiva. Uno dei poliziotti aveva sospirato e, non riuscendo a trattenersi, aveva alzato la voce dicendo: «Si rende conto che ha dato un pessimo esempio a tutti i bambini presenti?». Lina lo aveva guardato con la stessa considerazione riservata a un moscerino che cammina sul vetro.
Nelle settimane successive, molti genitori dell’asilo sarebbero andati da Lina a dirle quanto fossero rimasti colpiti dal suo coraggio, dalla sua dedizione nel proteggere la loro prole. I genitori di Elsa l’avevano ringraziata più di tutti, ma avevano presto iscritto Elsa altrove e Lina non aveva rivisto quella bambina smilza e bionda che parlava sempre del cugino di Ginevra. Lina si era sforzata di sorridere a quei genitori così scossi e grati. Aveva anche partecipato a due riunioni speciali con le responsabili dell’asilo e le colleghe per valutare se fosse il caso di proporre un incontro con le famiglie, se fosse necessario invitare una psicologa infantile per parlare con i bambini, e se fosse più prudente non tornare allo zoo per qualche tempo. Lina aveva ascoltato e detto qualche parola quando era stata interpellata, ma non era riuscita a reprimere la voce nella testa che chiedeva, calma e insistente: e i lama?, chi si è preoccupato di come stanno i lama?
Lina se lo chiede ancora adesso, ora che non è più una ragazza e vive in un piccolo paese sul lago di Costanza dove non ci sono zoo.
Gaia Donati