Ucronia: il ritorno di un giovane Emmanuel Carrère tra le pieghe del tempo e della Storia

 Ucronia: il ritorno di un giovane Emmanuel Carrère tra le pieghe del tempo e della Storia

Scritta tra il 1980 e il 1985 e pubblicata in Francia nel 1986, Ucronia è una riflessione che lo studente Emmanuel Carrère compone come tesi di laurea ma che, alla fine, si trasforma in un saggio meritevole di essere pubblicato, oggi di nuovo come quarant’anni fa. Edito da Adelphi e tradotto da Federica Di Lella e Giuseppe Girimonti Greco, Ucronia è uscito in Italia il 3 settembre scorso.

 

Ucronia di Emmanuel Carrère: di cosa parla il libro

Alla base di questo saggio c’è l’intento di spiegare, raccontare, in una parola comprendere (e far comprendere) cosa sia l’ucronia. Derivato dal greco e dal significato letterale di «senza tempo», il concetto è un’analogia dell’utopia e indica un qualsiasi tipo di narrazione nella forma del «what if», ovvero cosa sarebbe potuto accadere se il corso degli eventi storici si fosse svolto in maniera diversa. Nel trattato di Carrère trovano quindi posto alcuni tra i maggiori scrittori di ucronie come Philip K. Dick e Sarban, ma anche e soprattutto Charles Renouvier, coniatore del termine francese uchronie, pensato sulla falsariga dell’utopia di cui sopra. L’analisi fatta dall’autore è decisamente di stampo accademico e parte proprio dalla definizione del concetto per arrivare a esplorare racconti, storie e tutte le applicazioni fatte in letteratura, aggiungendo a queste un’analisi storico-filosofica, necessaria a inquadrare in una cornice un costrutto aleatorio e divergente. Risultato? Un nuovo manuale teorico di riferimento, e aggiornato.

 

«Perché la Storia, in realtà, non ha la minima importanza»

Intitolato originariamente Lo stretto di Bering – Introduzione all’ucronia, il libro ha rischiato di intitolarsi Il naso di Cleopatra, riprendendo un pensiero di Blaise Pascal il quale si chiese quanto la proverbiale bellezza della regina d’Egitto abbia influito sulle guerre e sui destini del mondo. Questo è solo un esempio, certo. Ma la logica alla base dell’ucronia funziona proprio così: non importa quale sia il punto di partenza – dalle ragioni storiche di rivalsa alla tensione mistico-filosofica di indagare l’infinito – le opere letterarie esaminate da Carrère stravolgono le basi sulle quali si fondano le nostre certezze storiche, instillando in noi il dubbio che ciò che ci è stato insegnato/raccontato sia solo un grande trompe-l’œil, un «ingannaocchio» allusivo capace di mescolare realtà e tridimensionalità. Per fortuna, l’autore non si fa colpire dalla forza d’urto degli innumerevoli «what if» ed esamina le varie implicazioni che un racconto controfattuale sempre comporta, non senza rinunciare a una neanche tanto velata critica ai totalitarismi e alle loro narrazioni, per l’appunto, ucroniche.

 

Lo stile di Emmanuel Carrère in Ucronia

Tortuoso e complicato proprio come il concetto stesso di ucronia, il saggio di Carrère appare come una digressione che apre un sacco di parentesi, nel tentativo di dirimere la questione e restituire al lettore un quadro abbastanza esaustivo sul tema. Coordinate, subordinate, mise en abyme vari e citazioni di interi brani: in Ucronia il gioco di scatole cinesi messo in piedi dall’autore regge il peso della difficoltà di raccontare un genere fatto di molteplici collegamenti, trame e sottotrame e che inevitabilmente porta con sé anche una certa dose di fallimento, perché «possiamo ritenere [che] un avvenimento sia la causa di un altro, ovvero pensare che, eliminando il primo, elimineremo automaticamente anche il secondo?».

 

A cura di Milo Salso

Milo Salso

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