L’età fragile di Donatella Di Pietrantonio vince il premio Strega 2024. Ecco di cosa parla il libro
L’età fragile (Einaudi, 2023) è l’ultimo libro della scrittrice abruzzese Donatella Di Pietrantonio, che vince il premio Strega 2024. Il suo talento letterario si è già ampiamente manifestato nelle precedenti opere narrative, come L’Arminuta e Borgo Sud, entrambe pubblicate da Einaudi, una vincitrice del premio Campiello e premio Napoli, l’altra classificatasi seconda al premio Strega 2021. Come nella maggior parte di romanzi dell’autrice, le vicende di L’età fragile sono ambientate in Abruzzo, e rievocano i drammatici fatti di cronaca nera che negli anni Novanta turbarono un paesino appenninico sulla Maiella, condizionando profondamente le vite dei suoi abitanti e, all’interno di questa cornice letteraria, quella della protagonista Lucia e della sua amica Doralice che, ai tempi della loro età fragile e spensierata, vivono in prima persona questi tragici eventi.
L’età fragile di Donatella Di Pietrantonio: la trama del libro
Lucia, protagonista e voce narrante della storia, lavora come fisioterapista nel borgo in cui è nata e dove ha da sempre vissuto, incastonato sui fianchi dell’Appennino abruzzese. Separata dal marito Dario, vive principalmente della compagnia del padre anziano, un uomo che ha dedicato tutta la sua vita alla campagna, ai suoi pazienti, e agli amici del coro in cui canta. Il senso di solitudine e l’immobilità stagnante della routine di Lucia ricevono una scossa quando la figlia Amanda, studentessa universitaria a Milano, si trasferisce di nuovo a casa a causa dell’emergenza covid. Agli occhi di Lucia, Amanda risulta cambiata dall’ultima volta che l’ha vista partire per la grande metropoli, trincerata sin dal suo arrivo in un silenzio e un’inquietudine indecifrabile. Il ritorno di Amanda, insieme alla notizia del padre di lasciarle in eredità il terreno di famiglia – chiamato Dente di Lupo –, rappresentano per Lucia la molla che la costringe a fare i conti con un oscuro passato, segnato da dolori e fragilità che l’hanno accompagnata per una vita intera.
Una disgrazia, infatti, aveva colpito trent’anni prima il Dente di Lupo, quando al tempo sorgeva lì un campeggio dove Lucia, ancora ventenne, lavorava insieme alla sua amica Doralice, e che ospitava numerosi forestieri. Un delitto aveva sconvolto l’intera comunità: due giovani turiste modenesi erano state trovate nel bosco senza vita, e Doralice quella notte era scomparsa con loro, risultando poi l’unica a salvarsi. Lucia in prima persona aveva partecipato nel bosco alle ricerche della sua amica, che tutti ormai credevano morta.
Da quella storia, la loro vita è cambiata per sempre, insieme al destino di quel luogo. Il Dente di Lupo, dopo le lunghe indagini della polizia sul caso e i clamori della cronaca, sparì presto dalle guide turistiche, il campeggio chiuse i battenti e nessuno andò più a camminare lungo quei sentieri, diventati minacciosi per l’intera comunità. Per Lucia, adesso, riprendere in mano la gestione di quella proprietà, zona ambita da speculatori edilizi, significherebbe riaprire una ferita non ancora sanata del tutto, ma allo stesso tempo una nuova opportunità di vita. Avrà davvero il coraggio di farlo?
Siamo tutti creature vulnerabili
Attraverso molteplici salti temporali, Lucia ripercorre al presente le tappe di quel drammatico evento verificatosi nei luoghi della sua giovinezza, cercando di fare pace con la sua interiorità fatta di paure e sensi di colpa, nel tentativo di salvare il legame con la figlia e con la sua terra.
L’opera di Donatella Di Pietrantonio ci mette di fronte a temi di straordinaria quotidianità, quali: i traumi della giovinezza, i legami familiari, il rapporto madre-figlia, gli obblighi morali verso i genitori, l’amicizia, il coraggio di abbandonare la propria terra (e di riappropriarsene) e la spietatezza dell’essere umano. Doralice, Lucia e la figlia Amanda vivono pressappoco tutte alla stessa età un evento traumatico che interrompe il loro tempo felice.
Tutti i personaggi di questa storia sono creature vulnerabili, spesso evanescenti e inafferrabili, barricate nel proprio dolore, ma complici nel trovare, dopo tutto, una salvezza nell’altro, una nuova speranza e ragione di vita. Di Pietrantonio lascia risuonare nel romanzo un’ancestrale solidarietà, che unisce uomini e donne che abitano la stessa terra.
Lo stile di Donatella Di Pietrantonio in L’età fragile
In questo romanzo che si presenta come un giallo investigativo, attraverso la memoria della narratrice, ogni interrogativo trova la sua verità, e la verità trova la giustizia che merita. Un coro di personaggi le cui voci sono un’unica melodia di eventi e correlazioni, e che si fa sinfonia narrativa sapientemente costruita dall’autrice. La scrittura è dinamica e incalzante, delicata nonostante la realtà che si propone di raccontare, e capace di affondare lo sguardo nell’animo dei personaggi, restituendolo a chi legge in tutta la sua – umana – fragilità.
A cura di Clara Frasca