Dario Licata, l’illustratore onirico che viene dalla Sicilia. Intervista
Entrare nel mondo illustrato di Dario Licata vuol dire lanciarsi senza vincoli in una dimensione onirica parallela, popolata da corpi sproporzionati e sinergie a colori che collegano il mondo estetico dell’infanzia ai concetti complessi dell’età adulta. Cromaticità che diventa quasi uno stato d’animo, con movimenti morbidi delle forme delineati da un tratto incisivo, in cui la presenza della riga nera sottolinea l’esistenza e la potenza dell’illustrazione.
Dario Licata è l’illustratore dei racconti del mese di febbraio su Rivista Blam!. Lo abbiamo intervistato e di seguito condividiamo cosa ci ha raccontato.
Chi è e cosa fa nella vita?
Mi chiamo Dario, sono siciliano, vivo a Milano alla soglia critica dei quarant’anni e lavoro in un’agenzia di comunicazione.
Ci racconta il momento in cui ha deciso che il disegno sarebbe stato il suo lavoro?
Ha presente il classico momento in cui l’insegnante di Storia dell’arte assegna il compito di riprodurre un quadro pedissequamente seguendo colori, composizione, proporzioni? Ecco, a me è successo: subito dopo l’assegnazione avevo già strappato il mio disegno per farne una personale interpretazione. Più o meno è andata così. Oggi conservo ancora la mia versione della canestra di frutta di Caravaggio fatta alle medie.
Come definirebbe il suo stile?
Cerco sempre un equilibrio tra un’estetica infantile e l’esplorazione di temi più complessi propri degli adulti. Amo le metafore visive, i corpi sproporzionati, i mondi onirici e irreali. Sono sicuramente un inguaribile romantico e cerco di trovare l’aspetto poetico di ogni cosa, soprattutto nei miei disegni.
Che bambino è stato?
Sono stato un bambino molto timido, oggi non lo sono più così tanto ma ci sono voluti tanti anni di pratica. Ero più felice con una matita e un foglio di carta rispetto a un pallone; infatti, finivo sempre in porta durante le partite con gli amici. Ho avuto un’infanzia felice; sono cresciuto in una famiglia numerosa, una squadra di tre fratelli e una sorella. Loro dicono che il mio superpotere è sempre stato quello dell’empatia nei confronti degli altri e credo, in effetti, che sia il più grande valore che mi è stato trasmesso. Questa caratteristica la vedo, tutt’oggi, anche nei miei disegni a cui cerco di dare sempre una forte componente emozionale.
Quanto la Sicilia ha influito sul suo percorso da illustratore?
È una bellissima domanda. Essere nato in Sicilia non influisce solo sul mio percorso di illustratore, ma credo sia un modo di essere. Mi piace citare, in questo caso, Pirandello: «Io sono nato in Sicilia e lì l’uomo nasce isola nell’isola e rimane tale fino alla morte, anche vivendo lontano dall’aspra terra natìa circondata dal mare immenso e geloso». Penso che nessuno potrà mai esprimere questo senso di appartenenza meglio di lui.
Cosa c’è sul suo piano di lavoro?
Non sono per nulla metodico e lavorando in digitale non mi separo mai dal mio iPad. Riesco così a disegnare dovunque; devo solo avere l’accortezza di non dimenticare il caricatore; cosa che, a volte, succede perché sono un po’ sbadato. Quando faccio le cose per bene e ho un piano di lavoro sicuramente non manca una tazza di caffè, di cui sono un grande amante.
Come imposta il suo lavoro? Fa degli schizzi dopo un guizzo di ispirazione? Idea che si ha, spesso, degli illustratori nell’immaginario comune.
A volte, visualizzo subito nella mente l’immagine che voglio realizzare e d’impulso prendo in mano il mio iPad. Altre volte ho necessità di far fluire le idee sul mio sketchbook. Quando illustro un racconto lo leggo tutto d’un fiato, cerco di coglierne il significato più profondo e di tradurlo in una metafora visiva, oppure mi focalizzo sulla scena che mi ha emozionato maggiormente.
Qual è la richiesta più strana che le hanno fatto?
In generale, per me, è strano quando mi chiedono di realizzare qualcosa che sia lontano dal mio stile, ad esempio in stile iperrealistico.
Ci racconti brevemente i progetti a cui hai lavorato e di cui va fiero?
Mi occupo principalmente di illustrazione editoriale per riviste, magazine, case editrici e progetti istituzionali per aziende e agenzie. Recentemente ho realizzato delle etichette per vini di un’azienda agricola siciliana: è bellissimo immaginare le mie illustrazioni su una tavola imbandita, dove le persone possono condividere momenti speciali.
Se fosse un quadro famoso, quale sarebbe e perché?
Credo che sarei un quadro di Chagall, nel suo mondo onirico osservato dagli occhi incantati di un bambino.
Tre illustratori che l’hanno illuminata sulla via di Damasco…
Difficile indicarne solo tre ma ci provo: Fernando Cobelo, perché amo la chiave poetica di ogni suo lavoro e perché, per me, è un maestro della metafora visiva; Sonia Alins per la sua eleganza e raffinatezza; Toni Demuro per il simbolismo e la finezza cromatica delle atmosfere che crea nelle sue opere.
Cosa illustra per Rivista Blam! nel mese di febbraio?
Illustrerò quattro bellissimi racconti che trattano temi molto forti. Spero di rispettare la loro potenza narrativa e cercherò di farlo a mio modo, con delicatezza.